Di Renzo Allegri
E’ in corso a Parma
il “Festival Verdi 2009”, che fino al 23
ottobre celebra, con opere, concerti,
eventi, mostre al Teatro Regio e nei
teatri delle terre verdiane, la musica
del celeberrimo compositore italiano.
Una serata, quella del 10 ottobre, è
dedicata al tenore Carlo Bergonzi,
considerato il più grande interprete
verdiano. L’appuntamento è a Busseto,
cittadina dove Verdi nacque e visse e
dove vive anche Bergonzi. In quel
giorno, tra le varie manifestazioni, un
concerto e l’apertura di un museo
verdiano, verrà presentato anche il
film-documentario di Mauro Biondini dal
titolo “Carlo Bergonzi tenore verdiano
del secolo”.
Che Bergonzi sia il tenore verdiano per
eccellenza, non ci sono dubbi. Con
questa motivazione ha ricevuto premi in
tutto il mondo. Anche dalla prestigiosa
“Gramophone's Lifetime Achievement
Award” di Londra che nel 2000 lo ha
proclamato “Principe fra i tenori e
miglior tenore verdiano del secolo”.
Bergonzi è una leggenda, ad altissimo
livello. Forse non ha la popolarità di
altri suoi colleghi perché è sempre
stato schivo e riservato, dedito al
proprio lavoro e alla propria famiglia.
Ma per gli intenditori, i critici, i
musicologi, i melomani di tutto il
mondo, è e resterà “il” tenore verdiano.
Ha celebrato le opere di Verdi con
un’arte assoluta e inimitabile ovunque.
Nove stagioni di fila alla Scala, venti
all’Arena di Verona, trentasette
ininterrotte al Metropolitan di New
York, record assoluto per un cantante
lirico. Migliaia di recite, decine e
decine di incisioni discografiche.
Grande artista e grande uomo. Ma anche
un cristiano esemplare, convinto.
Raramente si parla di questi aspetti dei
grandi artisti, quasi non fossero
importanti. In Bergonzi è un dato
fondamentale della sua vita. Chi lo
conosce bene ed ha lavorato con lui sa
che la fede cristiana ha illuminato
tutta la sua esistenza e la sua arte.
Quando parla, è facile sentirlo dire con
la più grande semplicità: “Finchè il
Buon Dio vorrà”. Non è una frase fatta.
Per Bergonzi ha il significato di
fiducia e di speranza che ad essa davano
un tempo i credenti. Ha 85 anni e la
ripete spesso con la serenità di sempre.
La fama non ha scalfito la sua
semplicità. Il successo non ha mai
alterato il suo comportamento. E’
sposato da quasi sessanta. Ha due figli,
Maurizio e Marco. Vive a Busseto, come
un cittadino qualunque. Non frequenta i
grandi teatri, le “prime”, i circoli
culturali, i salotti, i club della
lirica. Non va a parlare in televisione.
Non lo si vede mai in pubblico se non
accompagnato dalla inseparabile Adele:
moglie, amica, consigliera, guida.
Nelle interviste, non dimentica mai di
dire: <<La fede non mi ha mai
abbandonato. Di questo ringrazio il
Signore ogni giorno>>. Ricordando gli
anni della guerra, i 26 mesi in campo di
concentramento in Germania, dove rischiò
di morire, afferma: <<Il Signore mi era
vicino e mi ha salvato>>.
Un giorno di novembre del 1998 mi
raccontò della sua amicizia con
Sant’Antonio da Padova. Il 29 ottobre di
quall’anno aveva tenuto un concerto a
Gardone, nel teatro del Vittoriale. Un
concerto che ebbe un grandissimo
successo e di cui fu realizzato anche un
video. Qualcuno mi disse che si trattava
di un concerto particolare,
esplicitamente voluto dal tenore e
dedicato al Santo di Padova.
Incuriosito, andai a trovare Bergonzi e
gli chiesi di spiegarmi il perché di
quel concerto.
<<Ho voluto sciogliere un voto>>, mi
disse. <<Quarantasei anni fa, in un
momento particolare della mia vita ho
avuto una grande grazia da Sant’Antonio
e gli avevo promesso che l’ultimo
concerto della mia carriera lo avrei
fatto per lui. Ormai ho 75 anni. Canto
da 50. Non firmo più contratti perché
non posso ipotecare l’avvenire. I
direttori dei teatri mi chiamano. Io mi
sento bene, la voce risponde, la voglia
di cantare è sempre grande, e vado
ancora. Finchè il buon Dio vorrà,
continuerò a cantare. Ma prima di
perdere la voce ho voluto tener fede
alla promessa fatta a Sant’Antonio. Per
lui dovevo eseguire un concerto
importante, in piena forma vocale.
<<Io sono sempre stato devoto a
Sant’Antonio. Fin da bambino>>, continuò
a raccontarmi Carlo Bergonzi. <<Tutti
abbiamo un santo particolarmente caro.
Il mio santo è Antonio da Padova. Quando
ero ragazzino facevo il chierichetto e
ricordo che, per la festa di
Sant’Antonio, il 13 giugno, seguivo
tutte le funzioni che si celebravano
nella mia chiesa, proprio perché avevo
già allora una grande devozione a questo
santo. E’ un personaggio per il quale
nutro oltre a una profonda devozione
anche una grande simpatia. Mi piace,
sento di volergli bene, di confidarmi
con lui. E lui mi ha sempre dimostrato
amicizia. Mi ha aiutato in teatro e
anche fuori dal palcoscenico. E nel
gennaio 1953 mi salvò la vita.
<<Ero impegnato nella “Lucia di
Lammermoor” di Donizetti al Teatro
Grande di Brescia. E poiché abitavo a
Milano, andavo avanti e indietro per le
prove. Avevo allora un’Alfa 1900 e
potevo raggiungere Brescia in meno di
un’ora, anche se non c’era ancora
l’autostrada di adesso.
<<Il giorno della prova generale partii
verso le cinque del pomeriggio. Era una
giornata rigida e fredda. Andavo veloce
perché avevo fretta. Ma appena fuori
città, mi mi imbattei in un pezzo di
strada ghiacciato. La macchina schizzò
via, fece un volo di trenta metri e si
schiantò contro un palo. Ricordo che
quando persi il controllo dell’auto
gridai: “Sant’Antonio aiutami”. La
macchina si capovolse e restò con le
ruote per aria. Un signore che passava
per caso, corse in mio aiuto. Pensava di
trovarmi morto. Invece, uscii dall’auto
senza neppure un graffio. Non mi ero
fatto assolutamente nulla. Aspettai il
carro attrezzi e tornai a casa. Mia
moglie, vedendomi, chiese: “Non dovevi
andare alla prova generale a Brescia?”.
“Sì”, risposi “ma ho trovato la strada
ghiacciata ed ho preferito tornare
indietro. Telefonerò e vorrà dire che
farò direttamente la recita senza prova
generale”. Non dissi niente
dell’incidente per non spaventarla.
<<Il mattino dopo, mente mi vestivo, lei
si accorse che avevo un livido sulla
schiena. “Che cosa ti sei fatto?”,
chiese. “Non lo so”, risposi. Ma lei
ormai si era insospettita e allora la
accompagnai giù in garage e le feci
vedere la macchina. Era un rottame. Solo
l’abitacolo del guidatore era
miracolosamente intatto. Mia moglie
svenne. Cadde proprio a terra priva di
sensi. Si rese conto anche lei che ero
vivo solo per miracolo. “E’ stato
Sant’Antonio”, le dissi.
<<Quella grazia, che io ho sempre
considerato un vero miracolo, ha
rafforzato la mia devozione in questo
santo. E fu allora che gli promisi di
andare almeno una volta l’anno in
pellegrinaggio alla sua tomba a Padova,
e che gli avrei dedicato l’ultimo
concerto della mia carriera.
<<Per quanto riguarda i pellegrinaggi a
Padova ho sempre mantenuto la promessa.
Inoltre, il mio affetto per Sant’Antonio
è cresciuto con il passare del tempo.
Quando ero in giro per il mondo, in
qualunque nazione mi trovassi, andavo in
cerca di qualche chiesa cattolica sicuro
che avrei trovato una statua di
Sant’Antonio. In America, in Africa, in
Giappone, ovunque ho trovato statue di
Sant’Antonio e andavo a pregare in
quelle chiese e a rendere omaggio al mio
santo protettore.
<<Ora che, come ho detto, non prendo più
impegni fissi, ho deciso di fare quel
concerto che gli avevo promesso. Ed ho
avuto la soddisfazione di fare una cosa
veramente straordinaria. Il teatro del
Vittoriale è all’aperto ed ha per sfondo
il lago di Garda. L’ambiente quindi era
un incanto, con una scenografia naturale
impagabile. C’era l’orchestra Donizetti
di Bergamo diretta dal maestro Nello
Santi. E io ho voluto preparare un
programma degno di Sant’Antonio. Niente
quindi canzonette o canzoni da salotto,
ma un programma tutto verdiano. E in
onore di questo mio grande protettore ho
voluto cantare un pezzo che non avevo
mai eseguito prima in tutta la mia
carriera: l’aria di Otello. Questo
stupendo capolavoro di Verdi è molto
impegnativo per il tenore e non adatto
alla mia voce: per questo non l’ho mai
eseguito. Ma, dopo 50 anni di carriera,
ho voluto fare una pazzia. Ho preparato
quel pezzo di nascosto da mia moglie,
che, essendo la mia più severa critica,
non mi avrebbe permesso di cimentarmi in
una impresa del genere. Approfittavo di
quando lei usciva per la spesa per
studiare quell’aria. L’ho eseguita con
tutta la mia passione e credo di avere
lasciato il segno. Al termine, tutto il
pubblico era in piedi. L’applauso non
finiva più. Era un applauso entusiasta e
commosso. Credo che lo ricorderò come
uno dei più importanti della mia
carriera. Mia moglie, dopo il concerto
mi ha detto: “Questa sera doveva esserci
proprio Sant’Antonio vicino a te”>>.
Renzo Allegri |