Dall'albo dei giornalisti a
quello dei Santi
Nel racconto
del postulatore della causa di beatificazione, la
straordinaria storia di Lolo, scrittore spagnolo, autore
di decine di articoli e di nove libri, per 28 anni
paralizzato e poi anche cieco, ma sempre con il sorriso
sulle labbra
14/12/2009
Di Renzo Allegri
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Lolo nel 1943, all’inizio della malattia che lo avrebbe paralizzato per 28 anni. |
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Lolo a 9 anni, il giorno della sua prima Comunione. |
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Lolo a 18 anni, durante la Guerra Civile Spagnola. |
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Lolo nel pieno della malattia che lo rese paralitico per 28 anni e gli ultimi nove anche totalmente cieco. |
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Un primo piano del volto sofferente di Lolo, sul quale però non venne mai meno il sorriso. |
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Monsignor Raphael Higueras, che in questa intervista ha raccontato la storia di Lolo. |
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Sarà il primo
giornalista
professionista ad
essere elevato alla
gloria degli altari.
Si chiama Manuel
Lozano Garrido, ma
in Spagna,
nell’Andalusia, dove
è vissuto dal 1920
al 1971, era
affettuosamente
chiamato “Lolo”. Il
processo di
beatificazione che
lo riguarda è già
concluso. Anche
l’ultima fase,
quella sul miracolo
ottenuto per sua
intercessione. Ora
manca solo che il
Papa indichi la data
della solenne
proclamazione, e
l’intervento di
Benedetto XVI
dovrebbe essere
prossimo.
<<Lolo non è ancor
molto conosciuto al
di fuori della sua
patria, la Spagna>>,
dice monsignor
Raphael Higueras
Alamo, postulatore
della causa di
beatificazione. <<Ma
si tratta di una
personalità
veramente eccelsa:
un grande santo e un
santo moderno,
impegnato
nell’apostolato
attraverso la carta
stampata.
<<La Chiesa,
soprattutto in
questi ultimi anni,
guarda ai mezzi di
comunicazione di
massa con molta
attenzione. Il
Concilio Vaticano II
ha dedicato un ampio
documento a questo
tema, il Decreto
conciliare che si
intitola “Inter
mirifica”, cioè “tra
le cose
meravigliose”. Papa
Giovanni Paolo II ha
più volte parlato
dell’importanza dei
mass media per la
diffusione del
Vangelo e anche
Benedetto XVI
continua a farlo.
Lolo è stato uno
straordinario
precursore.
<<Certo>>, prosegue
monsignor Higueras
<< ci sono anche
altri santi che in
vita si sono
interessati molto
della stampa. Per
esempio, San
Massimiliano Kolbe,
il religioso
francescano
conventuale, grande
apostolo
dell’Immacolata, che
morì nel 1941 nel
“bunker della fame”
del Lager di
Auschwitz. Per il
suo apostolato
mariano si serviva
molto della stampa.
Il Beato Giacomo
Alberione, fondatore
di numerose
congregazioni
religiose
cattoliche, fu un
grande editore. Lo
stesso San Francesco
di Sales, vescovo di
Ginevra, nel 1600
aveva capito
l’importanza della
stampa per la
diffusione del
Vangelo e si dedicò
molto all’apostolato
attraverso i libri e
per questo è stato
proclamato “patrono
dei giornalisti”. Ma
Lolo sarà il primo
giornalista
professionista laico
ad essere
beatificato. In vita
era iscritto
nell’albo dei
giornalisti
professionisti, ora
sta per essere
iscritto nell’albo
dei Santi>>.
Monsignor Higueras
Alamo, Prelato
d’Onore di Sua
Santità, Canonico
Magistrale della
Cattedrale e Giudice
diocesano della
Diocesi di Jaén, è
la persona che più
di ogni altro ha
conosciuto a fondo
Manuel Lozano
Garrido. Non solo
perché in questi
anni si è
interessato a tempo
pieno di lui come
postulatore della
causa di
beatificazione, ma
anche perché lo ha
conosciuto, gli è
stato amico, lo ha
assistito e Lolo è
spirato proprio tra
le sue braccia.
<<Era il 3 novembre
1971>>, ricorda
commosso monsignor
Higueras. <<Lolo
aveva trascorso una
notte molto agitata.
Ma negli ultimi
tempi accadeva
spesso. La malattia
lo stava consumando.
Però, lui sopportava
tutto con grande
serenità e non si
lamentava mai. Era
difficile per questo
intuire la reale
gravità del suo
stato. Il suo
medico, scherzando,
diceva spesso:
“Lolo, sei un malato
grave che gode di
ottima salute”. E
anche in quell’occasione
non pensavamo che
fosse giunta l’ora
estrema. Stavamo
pregando insieme e
lui esalò l’ultimo
respiro, in modo
sereno, proprio come
era sempre
vissuto>>.
Di che cosa era
ammalato?
<<Nel 1942, quando
aveva 22 anni, venne
colpito da una
paralisi progressiva
che lo costrinse su
una sedia a rotelle.
Fu paralitico per il
resto della sua
esistenza, cioè per
oltre 28 anni, e
negli ultimi nove,
all'immobilità
totale si aggiunse
anche la cecità
completa. Ma tutti
questi malanni, che
imprigionavano la
sua autonomia
fisica, non
fermarono mai la sua
attività di
giornalista. Egli
amava questa
professione
soprattutto perché
gli permetteva di
fare
dell’apostolato.
L’aveva scelta fin
da giovane proprio
per questo motivo.
Aveva una fede
cristiana vivissima,
maturata in famiglia
e poi nel movimento
dell’Azione
Cattolica, al quale
si era iscritto a 11
anni. E sentiva con
urgenza il dovere di
trasmettere la sua
fede agli altri. Era
apostolo con la
parola per tutti
coloro che lo
avvicinavano e con
la penna per quelli
che leggevano i suoi
scritti>>.
Apparteneva a una
famiglia molto
religiosa?
<<Sì, i genitori e
anche nonni di Lolo
erano dei cattolici
ferventi e furono
loro i primi
educatori religiosi
del bambino. Il
padre, Agustin, era
un commerciante e
anche industriale.
Possedeva una
fabbrica a Linares,
cittadina
dell’Andalusia, dove
la famiglia
risiedeva, ma
lavorava nel
commercio dei
concimi minerali con
attività che si
estendeva anche
fuori
dell’Andalusia.
Anche la madre,
Lucia, apparteneva a
una famiglia
facoltosa. Lolo era
il quinto di sette
tra fratelli e
sorelle. Tutte
persone
straordinarie e
cristiani esemplari.
Purtroppo, il
capofamiglia morì
presto, quando Lolo
aveva solo sei anni.
La madre qualche
anno dopo. Il
fratello maggiore,
ingegnere, prese in
mano la famiglia, ma
venne ucciso
all’inizio della
guerra civile. In
mezzo a tutti questi
dolori, Lolo poteva
smarrirsi, invece
non accadde. Anzi,
si fortificò sempre
più nella fede>>.
Prima che la
paralisi lo
costringesse a
vivere su una sedia
a rotelle, che tipo
era?
<<Secondo i racconti
da me raccolti per
la causa di
beatificazione,
tutti i testimoni
che lo hanno
conosciuto bene, in
particolare le
sorelle e il
fratello, hanno
messo in evidenza la
sua “gioia di
vivere”. Gioia che
ha sempre mantenuto
anche da
paralizzato. Per
questo, quando ho
scritto la biografia
di Lolo ho voluto
intitolarla “La
gioia vissuta” . Fin
da bambino, era
molto vivace,
allegro, burlone e
anche un po’
monello. Amava
combinare scherzi,
però sempre
generoso, sincero,
limpido. Da giovane
era molto
appassionato di
calcio, giocava da
terzino sinistro e
dicono fosse molto
bravo. Gli piaceva
il cinema, in
particolare le
comiche di Charlot.
Amava la natura,
amava la compagnia,
il canto. Gli amici
ricordano che, da
giovanotto, andavano
spesso a fare
serenate alle
ragazze. E ce n’era
una alla quale
voleva molto bene e
certamente pensava
di formare con lei
una famiglia. Benchè
molto devoto, non
pensò mai a farsi
sacerdote o a
diventare religioso.
Sentiva forte la
vocazione di
credente laico
impegnato. Un
antesignano di quel
laicismo cattolico
uscito dal Concilio
Ecumenico II.
Fece gli studi in
un collegio degli
Scolopi. Interruppe
gli studi nel 1936
per la guerra
civile, e li riprese
nel 1939. Seguì dei
corsi professionali
e alla fine si
diplomò maestro. Io
penso che sia stato
proprio nel periodo
della guerra civile
che Lolo fortificò
la propria fede e
scoprì la propria
vocazione di
“apostolo laico” del
Vangelo>>.
<<Perché proprio
durante la guerra
civile?>>
<<Quel periodo fu
terribile per i
credenti spagnoli.
Come è noto, quella
guerra si combattè
tra nazionalisti
anti-marxisti e i
Republicanos
composti da truppe
governative e
sostenitori della
Repubblica spagnola,
che erano marxisti.
Guerra fratricida.
Si parla di 500.000
e forse un milione
di persone uccise.
Da un punto di vista
religioso, quel
periodo viene
giustamente chiamato
“delle catacombe”
perché fu un periodo
di autentica e
feroce persecuzione
della Chiesa
spagnola. Secondo
recenti studi del
vescovo di
Merida-Badajoz,
Antonio Montero, tra
il luglio 1936 e
l'aprile 1939, in
Spagna furono
trucidati 6.832 tra
religiosi e
sacerdoti, e
innumerevoli
cristiani laici. Era
pericoloso
professare la
propria fede, ma il
giovane Lolo, che
aveva allora
soltanto 16 anni,
non si intimorì e
non nascose le sue
idee e le sue
convinzioni>>.
<<Fu
perseguitato?>>.
<<Certamente. Fu
perseguitato con
tutti i membri della
sua famiglia. Il
fratello Maggiore,
Agustin, che guidava
la famiglia dopo la
morte del padre,
venne assassinato a
Madrid per le sue
convinzioni
religiose. Lolo e
altre due sorelle
maggiori finirono in
carcere, mentre i
due fratelli più
piccoli restarono a
casa solo perché
avevano meno di 15
anni.
<<Fu in quel periodo
che Lolo approfondì
la propria fede e
soprattutto la
devozione
nell’Eucaristia. A
Linares era rimasto
un solo sacerdote,
che non poteva però
svolgere il suo
ministero. E si
serviva, in gran
segreto, di alcune
persone per far
giungere la
Comunione agli
ammalati o a
cristiani che la
desideravano ma non
potevano andare in
Chiesa. Uno di
questi “intermediari
segreti” fu Lolo. In
casa sua aveva
preparato un
tabernacolo dove
teneva le ostie
consacrate. Come
raccontò in seguito,
egli trascorreva
molto tempo davanti
a quel tabernacolo.
E quando andava in
giro a portare la
comunione a qualche
ammalato, rifletteva
sulla incredibile
situazione che stava
vivendo, e cioè
essere “portatore”
di Gesù, del figlio
di Dio. Rifletteva
su questa
stupefacente realtà
e il suo amore per
Gesù cresceva.
<<Ad un certo
momento fu
denunciato da un
vicino di casa e
finì in carcere. Il
Giovedì Santo di
quell’anno, la
sorella più piccola
andò a trovarlo e
gli portò un
mazzetto di fiori
dentro il quale
aveva nascosto
alcune ostie
consacrate. Lolo
organizzò una notte
di adorazione a cui
parteciparono tutti
i carcerati, perché
quasi tutti erano
stati arrestati per
la loro fede
religiosa>>
<<Come avvenne che
si ammalò?>>
<<Nel 1942, mentre
stava facendo il
servizio militare
cominciò ad accusare
dolori reumatici. Fu
visitato a curato in
vari ospedali, anche
a Madrid, ma la
malattia si presentò
subito grave e
irreversibile. La
cartella clinica di
allora non dava
speranze. Si legge
che si trattava di
“una malattia
progressiva e
irreversibile che
attacca
selettivamente le
articolazioni
sacro-iliache,
conosciuta come
“spondilite
anchilosante”.
<<A poco a poco il
corpo di Lolo
divenne rigido e
deformato. I piedi
si trasformarono in
artigli ratrappiti,
incurvati
all’indietro. Le
mani subirono la
stessa sorte. Le
vertebre si
saldarono l’una con
l’altra, rendendo il
corpo un sasso. Lolo
non riusciva neppure
a muovere le
mandibole e poteva
nutrirsi solo con
cibo liquido.
<<Ogni movimento
provocava dolori
indicibili. I
momenti della
giornata più
drammatici erano
quelli del mattino,
quando dovere essere
tolto dal letto e
alla sera quando
ritornava a letto.
Erano operazioni che
duravano anche
un’ora e venivano
eseguite con l’aiuto
di una trentina di
cuscini per impedire
che i dolori
diventassero
insopportabili. Il
suo fisico divenne
una specie di
involucro
incartapecorito, che
pesava una trentina
di chili. Ogni tanto
bisognava togliergli
il sangue per fare
le analisi.
Operazione che era
diventata un dramma.
I medici, dopo che
tutti i tentativi
nelle braccia, nelle
mani, nelle gambe
risultavano inutili,
si erano ridotti a
siringare le
orecchie, unico
punto del corpo dal
quale era possibile
trarre un po’ di
sangue.
<<Il medico che lo
curava, dottor Juan
Perez Martinez, fece
una dettagliata
relazione della
malattia di Lolo e a
proposito dei dolori
scrisse: “E come se
avesse infisso uno
spillo in ogni
cellula del suo
corpo”. Nel 1996, i
resti mortali di
Lolo, sepolti da 25
anni, vennero
riesumati per essere
trasferiti nella
chiesa parrocchiale
di Santa Maria di
Linares, e i medici
legali, incaricati
della riesumazione,
fecero una lunga
relazione nella
quale si legge: «A
parte le deformità e
le anomalie che
abbiamo visto, che
giustificano la
posizione sempre più
curva del suo corpo,
abbiamo tratto la
netta impressione
che Lolo sia stato
un “dolore vivente”.
<<Lolo visse con
questi dolori,
continui e
incessanti, per 28
anni. Cioè per 14
mila e 200 giorni,
per 250 mila ore. E
senza mai
lamentarsi. Senza
che i dolori
riuscissero a
togliergli la gioia
permanente, il
sorriso semplice e
continuo, il senso
dell'umorismo.
<<E non permise mai
che il dolore
fermasse il suo
lavoro. Quando perse
il movimento della
mano destra, imparò
a scrivere con la
sinistra. Quando non
potè più scrivere
neppure con la
sinistra, neanche
facendosi legare la
matita al pugno,
imparò a dettare i
suoi pensieri a un
vecchio magnetofono.
In queste condizioni
scrisse decine e
decine di articoli e
nove libri. Un
coraggio che solo la
sua grande fede
poteva dargli>>.
<<Che giudizio si
può dare, a distanza
di anni, della sua
attività
giornalistica?>>
<<Lolo fu un
giornalista vero e a
tempo pieno.
Lavorava tutti i
giorni e con impegno
indefesso. I suoi
articoli erano
destinati a giornali
e settimanali
cattolici. Quando la
malattia lo aveva
totalmente
paralizzato e reso
anche cieco, fu la
sorella Lucia ad
aiutarlo,
trascrivendo ciò che
dettava al
magnetofono. I suoi
articoli e i suoi
libri erano molto
letti. Vinse diversi
premi letterari e
alcuni molto
prestigiosi>>.
Qual è la
caratterista della
santità di Lolo?
<<La sua fede
religiosa, vissuta
con coerenza e
entusiasmo. E
soprattutto la
sofferenza,
sopportata per amore
di Gesù, come
missione della sua
esistenza. Una
sofferenza che lo ha
martirizzato per 28
anni.
<<Lolo aveva una
visione profonda a
chiara della
dottrina del “Corpo
mistico di Cristo”.
Sapeva che ciascuno
di noi vive di
Cristo, il quale
continua in ciascuno
di noi la sua
passione, la sua
morte e la sua
risurrezione. Sapeva
che le sue
sofferenze, vissute
nella fede,
sarebbero servite a
salvare molti
fratelli, come le
sofferenze di
Cristo. Ecco perché
le sopportò sempre
con il sorriso sulle
labbra. Anzi, fondò
anche una sua opera
meravigliosa, legata
alle sofferenze di
ammalati invalidi.
Si chiama “Sinai” ed
ha lo scopo di
sostenere, con
preghiere e
sofferenze, i mass
media. E’ un
movimento costituito
da gruppi di
preghiera, ognuno
formato da 12
infermi e un
monastero di
clausura, che
“adotta”
spiritualmente, e a
insaputa degli
interessati, i
giornalisti che
lavorano in un
giornale o un gruppo
editoriale perchè la
loro opera sia a
vantaggio della
Verità e del Bene
supremo delle
persone. Questo
movimento, per il
quale Lolo
pubblicava anche una
rivista con lo
stesso nome, arrivò
ad avere 300 infermi
incurabili, con 25
monasteri, impegnati
in questa singolare
missione>>.
Per la
beatificazione
occorre un miracolo
che viene attribuito
all’intercessione
del candidato alla
santità. C’è questo
miracolo per Lolo?
<<C’è ed è già stato
esaminato dalla
commissione medica e
da quella teologica.
I medici hanno
concluso che si
tratta di una
guarigione
scientificamente
inspiegabile e i
teologi lo hanno
dichiatato autentico
miracolo. Questa
guarigione riguarda
una persona che ha
oggi 38 anni e si
chiama Rogelio. Nel
1974, quando non
aveva ancora due
anni, il piccolo
Rogelio venne
colpito da
appendicite e
peritonite. Fu
operato, ma la
situazione si
complicò, fu operato
di nuovo e i medici
dovettero estrargli
una parte di
peritoneo e
dell’intestino, ma
non servì. Le fine
era imminente. I
medici dissero che
non potevano più
fare niente.
Qualcuno suggerì di
invocare l’aiuto di
Lolo che era morto
da un anno. Sul
corpo del bambino
venne messo il
crocefisso che Lolo
aveva sempre tenuto
con sé e il bambino
guarì: in pochissimi
giorni era di nuovo
visto a casa. Oggi è
un uomo sano e
robusto, e fa
l’arbitro di
tennis>>.
Renzo Allegri
WEBITALYNEWS
Registrazione Tribunale di Aosta
N° 01/05 del 21 Gennaio 2005
Direttore responsabile Franco
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Direttore editoriale Marco
Camilli
Iscrizione R.O.C. n° 16223 del
25 Ottobre 2007 |