C’è una foto che tengo sulla parete di fronte alla mia scrivania. Mi ritrae a
due anni, in braccio ad un uomo elegante, i baffi bianchi e i capelli impomatati
pettinati all’indietro. Era il 1971. Quell’uomo era Lionello Fiumi, forse il più
grande poeta che mi sia capitato di leggere. Nato nel 1894, morì qualche anno
dopo la foto che sta nel mio studio, nel 1973. In Francia, dove visse per molti
anni, era considerato, e lo è ancora adesso, uno dei grandi. Ci furono critici
che lo paragonarono a Leopardi. In Italia, invece, è quasi sconosciuto.
Scrivo questo articolo ascoltando la “Gymnopédie n. 1” di
Erik Satie, e la musica così densa di tristezza e nostalgia mi pare la più
appropriata per ricordare quel vecchio poeta che in qualche modo porto dentro di
me. In quel lontano incontro, qualcosa di invisibile si è trasferito da lui a
me, forse dentro una carezza o un sorriso. Un qualcosa che è esploso quando,
ormai adulto, ho letto i suoi libri di poesie. Quei versi erano frecce di fuoco
e colpivano la mia anima.
< La foto di me in braccio al poeta, la scattò mio padre,
allora giornalista quarantenne. E proprio nell’archivio di mio padre ho trovato
pagine importanti in grado di parlarmi di Fiumi. Perché anche in internet si
trova ben poco su di lui, come se il mondo della poesia avesse deciso di
lasciare questo scrittore e le sue opere nel quieto oblio dell’indifferenza.
Mio padre incontrò la vedova di Lionello Fiumi, Beatrice Magnani, pochi mesi
dopo la scomparsa del poeta. In quell’intervista, pubblicata sul settimanale
“GENTE”, dove mio padre allora lavorava come inviato, la signora Beatrice parla
del marito e racconta di come la Francia fu per lui il Paese del riconoscimento.
E di come, invece, l’Italia fu quello dell’oblio.
Beatrice Magnani, vedova Fiumi.
Dopo la morte del marito, la signora Beatrice si è data molto da
fare per cercare di rompere in Italia la congiura del silenzio
sull’opera del marito, ma senza riuscirci. |
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<<Mio marito>>, si lamentava in quell’articolo la
signora Fiumi <<ha dedicato tutta la vita alla divulgazione della letteratura
italiana nel mondo, ed è morto completamente ignorato dai letterati dagli
ambienti culturali italiani. E' una cosa triste. Ancor più se si pensa che
all'estero, soprattutto in Francia, è considerato un grande poeta>>.
Riferendosi poi al alla scomparsa del marito, aggiungeva: <<Al funerale sono
venute le autorità politiche di Verona, i suoi amici veronesi, ma nessun altro.
Non sono arrivati né lettere, né telegrammi da poeti o scrittori italiani.
Invece, dalla Francia ha telegrafato il ministro francese per gli Affari
culturali; il presidente della "Société des Poètes Francais"; André Pézard, del
"Collège de France"; Jacques Duron, direttore del Servizio delle lettere al
ministero di Stato degli Affari culturali, amico personale di mio marito;
professori della Sorbona, accademici di Francia, poeti, letterati, critici,
pittori. Il ministro francese per gli Affari culturali ha anche mandato una
corona di fiori>>. |
Le parole della signora Beatrice Fiumi inquadravano, allora,
in modo plastico la situazione, che non è, poi, mai cambiata. Certo, ci sono
iniziative nel nome di Lionello Fiumi, ma locali, provinciali. A Roverchiara, in
provincia di Verona, c’è una Biblioteca che porta il nome di Lionello Fiumi e
l’amministrazione comunale gestisce un Premio di poesia sempre intitolato a
Fiumi; A Verona c’è un “Centro Studi Internazionale Lionello Fiumi”, legato alla
Biblioteca, e legato anche all’Università di Verona, centro che ha prodotto
alcune tesi di laurea, pubblicazione di carteggi. Iniziative lodevoli, ma
purtroppo circoscritte, che non hanno cambiato la situazione di questo poeta.
Fiumi continua ad essere sconosciuto in patria, ed è una vera ingiustizia,
perché, come ho detto, la poesia di Lionello Fiumi, a leggerla senza pregiudizi,
è di grande, grandissimo valore. E lo documentano le prestigiose pubblicazioni,
le onorificenze, i giudizi critici di indubbio valore, che riguardarono Fiumi
quando lui lavorava in Francia.
André Pézard, il più famoso italianista di Francia, traduttore di tutta l'opera
di Dante in francese, scrisse varie monografie e saggi su Lionello Fiumi. In un
saggio, si legge: "In Italia vi è un autore che fin d'ora possiede una grandezza
imparentata alla grandezza del Leopardi, e questo autore è Lionello Fiumi".
Eugène Bestaux, altro famoso italianista francese, scrisse su Fiumi: "Questo
poeta è uno dei più grandi, dei più semplici e dei più commoventi che conosca il
nostro tempo, uno di quelli che, se la sorte e gli uomini sono giusti, possono
essere sicuri di' sopravvivere ".
Georges Duhamei, Accademico di Francia, scrisse: "Lionello Fiumi è ad un tempo,
caso abbastanza raro, un poeta ispirato e un grande servitore delle lettere e
della civiltà"
Nel 1934, il presidente della Repubblica francese, Albert Lebrun, nominò
Lionello Fiumi cavaliere della Legion d'Onore. Nel 1940, la poesia di Fiumi
venne inclusa fra i temi d'esame per i professori che, alla Sorbona, volevano
ottenere l'abilitazione all'insegnamento dell'italiano. Nel 1948, Fiumi fu
eletto membro dell'Accademia dei poeti di Parigi. Nel 1954, ricevette, a Parigi,
il Grand Priz International de Poésie della "Société des Poètes Français", per
la prima volta assegnato a un italiano. Prima di lui, il premio era stato dato a
Thomas S. Eliot, Par Lagerkvist, L. Sedar Senghor, e pochi altri poeti di fama
mondiale. Alla consegna ci fu un discorso del ministro dell'Educazione, André
Marie, ex presidente del Consiglio. Il giorno dopo ci fu un grandioso
ricevimento, offerto dalla "Société des Gens de Lettres", il maggiore sodalizio
letterario francese, al quale parteciparono i letterati più noti di Francia. A
seguito di quel premio, l'anno dopo il presidente della Repubblica, Coty, diede
a Fiumi la rosette della Legion d'Onore, distinzione rara per uno scrittore
straniero. Nel 1960, Fiumi fu proclamato vincitore del "Premio internazionale
Edgar Poe", anche questo assegnato per la prima volta a un italiano. Nel 1962,
venne incluso nella celebre collezione Poètes d'aujourd'hui dell'editore Segher,
con una monografia dell'italianista Roger Clérici. In quella collezione, dove
sono ricordati i più famosi poeti del mondo, l'Italia è rappresentata solo da
tre nomi: Leopardi, D'Annunzio e Fiumi.
Ancora un’immagine di Roberto
Allegri bambino, in braccio alla sua mamma, durante la visita a
Lionello Fiumi e alla moglie Beatrice. |
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Sono documenti che parlano da soli. Forse mai, nessun altro
poeta straniero ebbe, in Francia, tanti prestigiosi riconoscimenti. E va detto
che i francesi non sono teneri con gli stranieri. Quei giudizi, quei premi,
Fiumi se li deve aver meritati e sudati.
Però, nonostante tanta gloria oltr’Alpe, il poeta veronese non ha avuto quasi
nessun riconoscimento in patria.
Nell’intervista del 1973 a mio padre, la moglie del poeta se ne lamenta: <<Mio
marito ha sofferto molto per questa congiura del silenzio in patria. Non
riusciva a capirne le ragioni. Sperava sempre che le cose cambiassero. Ad ogni
ricorrenza (cinquant'anni di vita letteraria, sessant'anni dal primo libro di
poesie), diceva: "Vedrai che questa volta parleranno di me anche in Italia". E
ogni volta era una delusione. In Francia gli facevano grandi feste, i giornali
gli dedicavano spazio, interveniva la televisione. In Italia silenzio. Lui
accettava con piacere gli omaggi dei francesi, ma fino all'ultimo il suo più
grande desiderio fu quello di essere ricordato in Italia.>> Va sottolineato anche un altro aspetto dell’attività di
Lionello Fiumi. Non fu solo un poeta, ma anche un solerte e importante
divulgatore della poesia italiana. Non pensava cioè solo a se stesso, ma anche
ai colleghi. Nel 1928 pubblicò in Francia la Anthologie de la poésie
italienne contemporaine, che ebbe un enorme successo e fu divulgata in tutto
il mondo. |
Era la prima iniziativa del genere per la nostra letteratura.
Attraverso quella antologia, per la prima volta furono fatti conoscere
all'estero poeti come Saba, Montale, Govoni, Corazzini, Folgore, Sbarbaro, Titta
Rosa e Palazzeschi. Nel 1933 pubblicò la Anthologie des narrateurs italiens
contemporaines, e anche quella fu divulgata in tutto il mondo e fece
conoscere all'estero, per la prima volta, Moravia, Alvaro, Bontempelli, Panzini,
Ojetti, Cicognani, Barilli, Bacchelli, Comisso, Emilio Cecchi. Nel 1932 fondò
una rivista bilingue, scritta cioè in francese e in italiano, intitolata
Dante, attraverso la quale continuò a far conoscere decine di scrittori, di
poeti e prosatori italiani. A queste grandi opere, si devono aggiungere gli
articoli, le trasmissioni radio in lingua francese, dove parlava sempre della
letteratura e dell’arte italiana.
Nell’intervista a mio padre, la signora Beatrice Fiumi
affermava che il poeta conservava nel suo archivio “pacchi di lettere di
scrittori e poeti italiani che si raccomandavano a lui” e che lui aveva
sempre aiutato. Quell’archivio certamente non è andato distrutto. Sarebbe molto
interessante ritrovare quelle lettere e farne oggetto di uno studio. Insomma, è
una vera ingiustizia che un poeta tanto stimato all’estero sia completamente
dimenticato in patria. Bisogna riaprire il caso letterario Lionello Fiumi
Roberto Allegri |