Lionello Fiumi: un caso letterario da riaprire
12/05/2010

Di Roberto Allegri


Il poeta Lionello Fiumi fotografato nel 1971, nella sua casa di Cavaion veronese, mentre tiene tra le braccia un bambino di due anni, Roberto Allegri, che oggi è un valido giornalista e scrittore.

 
C’è una foto che tengo sulla parete di fronte alla mia scrivania. Mi ritrae a due anni, in braccio ad un uomo elegante, i baffi bianchi e i capelli impomatati pettinati all’indietro. Era il 1971. Quell’uomo era Lionello Fiumi, forse il più grande poeta che mi sia capitato di leggere. Nato nel 1894, morì qualche anno dopo la foto che sta nel mio studio, nel 1973. In Francia, dove visse per molti anni, era considerato, e lo è ancora adesso, uno dei grandi. Ci furono critici che lo paragonarono a Leopardi. In Italia, invece, è quasi sconosciuto.

Scrivo questo articolo ascoltando la “Gymnopédie n. 1” di Erik Satie, e la musica così densa di tristezza e nostalgia mi pare la più appropriata per ricordare quel vecchio poeta che in qualche modo porto dentro di me. In quel lontano incontro, qualcosa di invisibile si è trasferito da lui a me, forse dentro una carezza o un sorriso. Un qualcosa che è esploso quando, ormai adulto, ho letto i suoi libri di poesie. Quei versi erano frecce di fuoco e colpivano la mia anima.

< La foto di me in braccio al poeta, la scattò mio padre, allora giornalista quarantenne. E proprio nell’archivio di mio padre ho trovato pagine importanti in grado di parlarmi di Fiumi. Perché anche in internet si trova ben poco su di lui, come se il mondo della poesia avesse deciso di lasciare questo scrittore e le sue opere nel quieto oblio dell’indifferenza.
Mio padre incontrò la vedova di Lionello Fiumi, Beatrice Magnani, pochi mesi dopo la scomparsa del poeta. In quell’intervista, pubblicata sul settimanale “GENTE”, dove mio padre allora lavorava come inviato, la signora Beatrice parla del marito e racconta di come la Francia fu per lui il Paese del riconoscimento. E di come, invece, l’Italia fu quello dell’oblio.


Beatrice Magnani, vedova Fiumi. Dopo la morte del marito, la signora Beatrice si è data molto da fare per cercare di rompere in Italia la congiura del silenzio sull’opera del marito, ma senza riuscirci.

<<Mio marito>>, si lamentava in quell’articolo la signora Fiumi <<ha dedicato tutta la vita alla divulgazione della letteratura italiana nel mondo, ed è morto completamente ignorato dai letterati dagli ambienti culturali italiani. E' una cosa triste. Ancor più se si pensa che all'estero, soprattutto in Francia, è considerato un grande poeta>>. Riferendosi poi al alla scomparsa del marito, aggiungeva: <<Al funerale sono venute le autorità politiche di Verona, i suoi amici veronesi, ma nessun altro. Non sono arrivati né lettere, né telegrammi da poeti o scrittori italiani. Invece, dalla Francia ha telegrafato il ministro francese per gli Affari culturali; il presidente della "Société des Poètes Francais"; André Pézard, del "Collège de France"; Jacques Duron, direttore del Servizio delle lettere al ministero di Stato degli Affari culturali, amico personale di mio marito; professori della Sorbona, accademici di Francia, poeti, letterati, critici, pittori. Il ministro francese per gli Affari culturali ha anche mandato una corona di fiori>>.

Le parole della signora Beatrice Fiumi inquadravano, allora, in modo plastico la situazione, che non è, poi, mai cambiata. Certo, ci sono iniziative nel nome di Lionello Fiumi, ma locali, provinciali. A Roverchiara, in provincia di Verona, c’è una Biblioteca che porta il nome di Lionello Fiumi e l’amministrazione comunale gestisce un Premio di poesia sempre intitolato a Fiumi; A Verona c’è un “Centro Studi Internazionale Lionello Fiumi”, legato alla Biblioteca, e legato anche all’Università di Verona, centro che ha prodotto alcune tesi di laurea, pubblicazione di carteggi. Iniziative lodevoli, ma purtroppo circoscritte, che non hanno cambiato la situazione di questo poeta. Fiumi continua ad essere sconosciuto in patria, ed è una vera ingiustizia, perché, come ho detto, la poesia di Lionello Fiumi, a leggerla senza pregiudizi, è di grande, grandissimo valore. E lo documentano le prestigiose pubblicazioni, le onorificenze, i giudizi critici di indubbio valore, che riguardarono Fiumi quando lui lavorava in Francia.
André Pézard, il più famoso italianista di Francia, traduttore di tutta l'opera di Dante in francese, scrisse varie monografie e saggi su Lionello Fiumi. In un saggio, si legge: "In Italia vi è un autore che fin d'ora possiede una grandezza imparentata alla grandezza del Leopardi, e questo autore è Lionello Fiumi".
Eugène Bestaux, altro famoso italianista francese, scrisse su Fiumi: "Questo poeta è uno dei più grandi, dei più semplici e dei più commoventi che conosca il nostro tempo, uno di quelli che, se la sorte e gli uomini sono giusti, possono essere sicuri di' sopravvivere ".
Georges Duhamei, Accademico di Francia, scrisse: "Lionello Fiumi è ad un tempo, caso abbastanza raro, un poeta ispirato e un grande servitore delle lettere e della civiltà"
Nel 1934, il presidente della Repubblica francese, Albert Lebrun, nominò Lionello Fiumi cavaliere della Legion d'Onore. Nel 1940, la poesia di Fiumi venne inclusa fra i temi d'esame per i professori che, alla Sorbona, volevano ottenere l'abilitazione all'insegnamento dell'italiano. Nel 1948, Fiumi fu eletto membro dell'Accademia dei poeti di Parigi. Nel 1954, ricevette, a Parigi, il Grand Priz International de Poésie della "Société des Poètes Français", per la prima volta assegnato a un italiano. Prima di lui, il premio era stato dato a Thomas S. Eliot, Par Lagerkvist, L. Sedar Senghor, e pochi altri poeti di fama mondiale. Alla consegna ci fu un discorso del ministro dell'Educazione, André Marie, ex presidente del Consiglio. Il giorno dopo ci fu un grandioso ricevimento, offerto dalla "Société des Gens de Lettres", il maggiore sodalizio letterario francese, al quale parteciparono i letterati più noti di Francia. A seguito di quel premio, l'anno dopo il presidente della Repubblica, Coty, diede a Fiumi la rosette della Legion d'Onore, distinzione rara per uno scrittore straniero. Nel 1960, Fiumi fu proclamato vincitore del "Premio internazionale Edgar Poe", anche questo assegnato per la prima volta a un italiano. Nel 1962, venne incluso nella celebre collezione Poètes d'aujourd'hui dell'editore Segher, con una monografia dell'italianista Roger Clérici. In quella collezione, dove sono ricordati i più famosi poeti del mondo, l'Italia è rappresentata solo da tre nomi: Leopardi, D'Annunzio e Fiumi.


Ancora un’immagine di Roberto Allegri bambino, in braccio alla sua mamma, durante la visita a Lionello Fiumi e alla moglie Beatrice. 

Sono documenti che parlano da soli. Forse mai, nessun altro poeta straniero ebbe, in Francia, tanti prestigiosi riconoscimenti. E va detto che i francesi non sono teneri con gli stranieri. Quei giudizi, quei premi, Fiumi se li deve aver meritati e sudati.
Però, nonostante tanta gloria  oltr’Alpe, il poeta veronese non ha avuto quasi nessun riconoscimento in patria.
Nell’intervista del 1973 a mio padre, la moglie del poeta se ne lamenta: <<Mio marito ha sofferto molto per questa congiura del silenzio in patria. Non riusciva a capirne le ragioni. Sperava sempre che le cose cambiassero. Ad ogni ricorrenza (cinquant'anni di vita letteraria, sessant'anni dal primo libro di poesie), diceva: "Vedrai che questa volta parleranno di me anche in Italia". E ogni volta era una delusione. In Francia gli facevano grandi feste, i giornali gli dedicavano spazio, interveniva la televisione. In Italia silenzio. Lui accettava con piacere gli omaggi dei francesi, ma fino all'ultimo il suo più grande desiderio fu quello di essere ricordato in Italia.>>

Va sottolineato anche un altro aspetto  dell’attività di Lionello Fiumi. Non fu solo un poeta, ma anche un solerte e importante divulgatore della poesia italiana. Non pensava cioè solo a se stesso, ma anche ai colleghi. Nel 1928 pubblicò in Francia la Anthologie de la poésie italienne contemporaine, che ebbe un enorme successo e fu divulgata in tutto il mondo.

Era la prima iniziativa del genere per la nostra letteratura. Attra­verso quella antologia, per la prima volta furono fatti conoscere all'estero poeti come Saba, Montale, Govoni, Corazzini, Folgore, Sbarbaro, Titta Rosa e Palazzeschi. Nel 1933 pubblicò la Anthologie des narrateurs italiens contemporaines, e anche quella fu divulgata in tutto il mondo e fece conoscere all'estero, per la prima volta, Moravia, Alvaro, Bontempelli, Panzini, Ojetti, Cicognani, Barilli, Bacchelli, Comisso, Emilio Cecchi. Nel 1932 fondò una rivista bilingue, scritta cioè in francese e in italiano, intitolata Dante, attraverso la quale continuò a far conoscere decine di scrittori, di poeti e prosatori italiani. A queste grandi opere, si devono aggiungere gli articoli, le trasmissioni radio in lingua francese, dove parlava sempre della letteratura e dell’arte italiana.

Nell’intervista a mio padre, la signora Beatrice Fiumi affermava che il poeta conservava nel suo archivio “pacchi di lettere di scrittori e poeti italiani che si raccomandavano a lui” e che lui aveva sempre aiutato. Quell’archivio certamente non è andato distrutto. Sarebbe molto interessante ritrovare quelle lettere e farne oggetto di uno studio. Insomma, è una vera ingiustizia che un poeta tanto stimato all’estero sia completamente dimenticato in patria. Bisogna riaprire il caso letterario Lionello Fiumi

Roberto Allegri

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