Con il 2010 si sono concluse le varie
manifestazioni per ricordare i 400 anni della morte di Padre Matteo Ricci,
il più grande missionario cattolico della Cina. Evento che, nel corso dell’anno,
si è articolato in molti importanti appuntamenti religiosi e culturali, in
Italia e in Cina, ma che nei media europei non ha avuto quell’attenzione che
avrebbe meritato.
Padre
Ricci, nato a Macerata il 6 ottobre 1552 e morto in Cina, a Pechino, l’11
maggio 1610, non fu solo un grande missionario, un religioso gesuita di
straordinaria santità, che ha dedicato tutta la sua esistenza a Dio e alla
diffusione del Vangelo, ma fu anche uno scienziato, matematico, cartografo,
esploratore, linguista. Un personaggio che ha lasciato un segno profondo nella
storia della cultura internazionale ed ha edificato il primo importante ponte
tra Cina ed Europa, portando in Oriente la scienza di cui era in possesso e
facendo conoscere al mondo occidentale la cultura cinese, in particolare le
opere di Confucio. Nel corso del 2010, Padre Ricci è stato celebrato anche in
Cina, dove, a distanza di quattro secoli, è ancora ricordato e ammirato.
La Cina
è di estrema attualità. E’ la nazione con il maggior numero
di abitanti e sta
diventando la prima potenza economica del mondo. Non brilla, però, per zelo a
favore dei diritti umani e a favore della libertà religiosa. In Cina ci sono
oltre 13 milioni di cristiani, molti dei quali, per essere fedeli al Papa,
vivono come ai tempi delle catacombe. Le sollecitudini e le preoccupazioni di
Papa Benedetto XVI per quei cristiani sono continue. Negli ultimi quattro anni,
sembrava che tra Pechino e la Santa Sede i rapporti stessero per diventare
concilianti, sulla via di una possibile intesa di relazioni diplomatiche,
interrotte dal 1952. Ma, a dicembre, in Cina si sono verificati episodi di
grave intolleranza verso la Chiesa Cattolica, che hanno provocato dal
Vaticano una dura nota di condanna.
Il
momento è, quindi, difficile e il pensiero corre a Padre Matteo Ricci, l’uomo
del dialogo, che i cinesi, a distanza di 400 anni, continuano a stimare e a
onorare,come uno dei grandi personaggi della loro storia. Data questa
favorevole situazione, per la Chiesa Padre Ricci rappresenta, in Cina, uno
straordinario punto di riferimento. Un “ponte” solido per un dialogo sincero.
Da tempo è in corso il processo per la sua beatificazione, e molti ritengono
che se si potesse arrivare presto alla conclusione, sarebbe un traguardo assai
utile a risolvere molte delle difficoltà che intercorrono tra Pechino e la
Santa Sede.
Per
capire meglio quanto “importante” sia ancora oggi Padre Ricci in Cina, e quindi
utile per il dialogo con la Chiesa Cattolica, abbiamo parlato con monsignor
Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata, che, nel corso dell’anno ricciano, è
stato l’infaticabile artefice di innumerevoli iniziative per i 400 anni della
scomparsa del celebre missionario ed ha avuto molti contatti con autorità e
personalità cinesi.
<<Padre Matteo Ricci>>, dice monsignor Giuliodori <<è una figura che ha vissuto
in un momento storico importante all’inizio della modernità, ed ha affrontato
delle sfide che erano grandi per il suo tempo ma che sono anche di straordinaria
attualità>>.
<<Quali sono le caratteristiche specifiche che hanno reso famoso questo
missionario?
<<Prima di
tutto, il suo stile di apostolo. Egli ha rinnovato profondamente il metodo
missionario del suo tempo, anticipando di oltre tre secoli le direttive del
Concilio Vaticano II. Ha incentrato la sua azione sull’idea che ogni essere
umano, indipendentemente dalla sua religione e dalle sue ideologie, è portatore
di grandi valori. Nei confronti del popolo cinese, ebbe un grandissimo
rispetto, anzi una sincera ammirazione. Il suo progetto era di innestare la
novità evangelica sul tessuto culturale, umano e storico di quel popolo. Volle
diventare amico dei cinesi, volle avere una conoscenza profonda della loro
cultura e della loro storia. Volle, in un certo senso, farsi cinese, per
comprendere meglio i cinesi. All’inizio si vestiva come i bonzi, ma poi, dopo
qualche anno, capì che bisognava dialogare con i letterati e cominciò a vestire
e a vivere come loro dando una svolta decisiva alla missione dei gesuiti. Una
peculiarità di comportamento di estrema avanguardia per quel tempo, che
Benedetto XVI ha positivamente evidenziato affermando: “Padre Ricci è un caso
singolare di felice sintesi fra l’annuncio del Vangelo e il dialogo con la
cultura del popolo a cui lo si porta, un esempio di equilibrio tra chiarezza
dottrinale e prudente azione pastorale”.
<<Padre Matteo Ricci>>, continua monsignor Giuliodori <<fu il primo grande
“sinologo” della storia. Studiò a fondo la lingua cinese per far conoscere ai
cinesi le conquiste, le innovazioni, le conoscenze dell’Occidente, e poter
trasmettere poi a loro il Vangelo. Ma fu anche il primo a far conoscere in
Occidente la cultura e la filosofia cinese. Studiò a fondo i libri fondamentali
del Confucianesimo al punto da esserne considerato un conoscitore più competente
degli stessi letterati cinesi, e realizzò la prima traduzione in latino delle
principali opere di Confucio. Mise in contatto due civiltà che praticamente non
si conoscevano. Oggi, ci troviamo in una situazione non diversa di quella del
suo tempo. Forse allora non c’era per l’Occidente la necessità di confrontarsi
con l’Oriente, ma c’era solo un’opportunità. Oggi, invece, c’è la “necessità”.
In particolare per quanto riguarda la Cina e l’India, nazioni che hanno il
maggiore sviluppo economico nel nostro mondo, che sembrano portare in se stesse
i germi del futuro dell’umanità. Quindi, padre Matteo Ricci può essere un buon
maestro per imparare a “rapportarci” in modo serio, coerente, costruttivo con
l’Oriente. Per questo non è un uomo del passato, ma potremmo dire del futuro>>.
Doveva avere una straordinaria formazione umana e intellettuale per compiere
quanto ha realizzato in Cina.
<<Non
bisogna dimenticare che era un gesuita, apparteneva cioè a una Congregazione
religiosa che fu sempre all’avanguardia non solo in campo teologico ma anche in
quello filosofico e scientifico>>.
Padre Ricci è nato a Macerata, la città di cui lei è vescovo.
<<Apparteneva a un’antica famiglia borghese di Macerata. Suo padre, Giovanni
Battista, era un uomo colto e fu governatore di varie città. La madre,
Giovanna, era una nobile. Nelle aspettative della famiglia, Matteo doveva
diventare un uomo di legge. Ebbe una prima educazione in casa, da un precettore,
a nove anni iniziò gli studi umanistici, e li iniziò nel collegio che i gesuiti
avevano aperto da poco a Macerata. A sedici, venne mandato a Roma per studiare
Giurisprudenza all’Università La Sapienza. A Roma, Matteo trovò la propria
vocazione. Da un documento scritto, sappiamo che, il 15 agosto 1971, quindi a
19 anni, chiese al Superiore generale dei gesuiti di essere ammesso nella loro
Congregazione e la sua richiesta venne immediatamente accettata.
<<Superato l’anno di prova, cioè l’anno di noviziato, riprese gli studi e fu
allievo, nel Collegio Romano dei gesuiti, di due straordinari professori: Padre
Cristoforo Clavio, grandissimo matematico e astronomo tedesco, autore tra
l’altro della revisione del Calendario Giuliano voluta da Papa Gregorio XIII, e
Padre Roberto Bellarmino, che diventerà poi cardinale, santo, e dottore della
Chiesa.
Al
Collegio Romano si distinse non solo come uno dei migliori studenti, ma anche
per la sua pietà e per il suo zelo missionario. Tanto che, nel 1577, il Padre
Generale dei Gesuiti scelse un gruppo di suoi religiosi da inviare missionari in
India e tra essi inserì il giovane Ricci che non era ancora stato ordinato
sacerdote.
<<Il
viaggio verso l’Oriente durò oltre sei mesi. In India, Matteo riprese gli studi
teologici e nel 1580 venne ordinato sacerdote.
<<Il
progetto dei gesuiti che si trovavano in India, era quello di prepararsi per
entrare in Cina. Avevano una base a Macao, che era colonia portoghese, dove
alcuni stavano studiando la lingua cinese, ma erano in difficoltà, e il
responsabile di quel progetto, padre Alessandro Valignano, pensò che il giovane
Matteo Ricci, brillante in tutti gli studi affrontati, poteva essere la persona
adatta anche per apprendere la difficile lingua cinese, e gli ordinò di
trasferirsi a Macao. Padre Valignano aveva intuito bene: infatti due anni dopo,
Matteo Ricci era pronto e riuscì, accompagnato da un confratello, Padre Michele
Ruggeri, a varcare il confine con la Cina, fermandosi a Zhaoqing, città della
provincia del
Guangdong, dove iniziò la sua grande avventura. Le difficoltà e gli
ostacoli furono grandissimi. Ma non si perse mai d’animo. Riuscì a costruire
una chiesa, così bella che il vicerè della città la voleva per sé. Dopo sei
anni, nel 1589, si spostò a Shaozhou, dove fondò una nuova comunità.
<<Intanto aveva capito che l’aspetto assunto di bonzo non era conveniente perché
i bonzi non godevano più della stima del popolo, doveva cambiare “look”. Decise
di assumere il ruolo di uomo di cultura, quale del resto era, adattando anche
il suo modo di vestire al nuovo stato. Questo avvenne nel 1595, anno in cui egli
pubblicò il suo primo libro in cinese, un trattato sull’amicizia, con cento
detti di autori occidentali, libro che destò grande stupore in Cina e che
divenne il suo biglietto da visita. I letterati cinesi capirono che era un uomo
assai più colto di loro e cominciarono ad ammirarlo. La fama si sparse. E
finalmente, nel 1601, Padre Matteo Ricci riuscì a stabilirsi a Pechino.
<<L’arrivo nella capitale fu reso possibile da un intervento dell’imperatore
Wanli della dinastia Ming. La fama di Ricci e dei sui libri era arrivata anche a
corte. L’imperatore era curioso di conoscere quell’uomo occidentale e firmò un
documento con il quale stabiliva che Matteo Ricci, insieme a suoi confratelli,
potesse vivere a Pechino mantenuto dall’erario.
Ricci
portò all’imperatore alcuni doni strabilianti: un clavicembalo, strumento non
conosciuto in Cina, dipinti ad olio, tecnica non conosciuta in Cina, e delle
carte geografiche, dei “mappamondi” che facevano conoscere tutti i continenti e
la loro ubicazione, anche questi sconosciuti in Cina.
<<Iniziò così l’ultimo periodo della vita di Matteo Ricci: nove anni, intensi di
attività, di prestigio, di iniziative. Grazie alla protezione dell’imperatore e
alla propria fama di grande uomo di scienza, potè fondare una missione solida e
prestigiosa. Molte persone si convertirono, tra esse anche alcuni fra i più alti
funzionari dell'apparato burocratico civile e militare cinese. Uno, Xu Guangqi,
venne battezzato con il nome di Paolo. Era, e continuò ad esserlo anche da
convertito, tra i principali letterati cinesi. Fu primo ministro, ministro dei
riti, direttore dell’Osservatorio astronomico. Fu grande amico di Ricci, suo
prezioso collaboratore nella traduzione in cinese di opere scientifiche europee
e nella redazione delle carte del Mappamondo, opera che rese Ricci famoso in
tutta la Cina. E dopo la morte di Ricci, continuò a proteggere e difendere i
gesuiti da quei gruppi di potere che li volevano cacciar via.
<<C’è
un particolare molto importante da sottolineare, che giocò a favore di Padre
Ricci. L’imperatore era, per i cinesi, “il figlio del Signore del cielo”, quindi
era un po’ il “detentore delle conoscenze astronomiche”, colui, quindi, che
doveva garantire, attraverso l’interpretazione dei fenomeni celesti, questa sua
identità e il prestigio della propria conoscenza del cielo. Gli strumenti
scientifici astronomici in possesso agli scienziati cinesi di quel tempo, non
erano molto precisi, mentre Matteo Ricci possedeva cognizioni e strumenti
d’avanguardia. E riceveva, sia pure attraverso enormi difficoltà e tempi lunghi,
continui aggiornamenti da parte del suo professore, il famoso Cristoforo Clavio.
Si rese conto che se metteva a disposizione dell’imperatore la propria scienza,
gli rendeva un grandissimo favore e ne avrebbe ricevuto in cambio stima e
protezione. Infatti, così avvenne. L’imperatore, grazie a Ricci, aumentò il
proprio prestigio e Ricci potè svolgere tranquillamente la propria missione, che
era quella di far conoscere Gesù e richiamare l’attenzione della gente sul suo
Vangelo. Alla morte di Padre Ricci, avvenuta l’11 maggio 1610, la Chiesa contava
varie comunità bene strutturare in diverse città della Cina. L’imperatore, come
segno della propria stima e riconoscenza, concesse il permesso che Padre Matteo
Ricci fosse sepolto nella capitale, in terreno dello Stato. Era la prima volta
che uno straniero otteneva un simile onore>>.
Da
allora sono trascorsi 400 anni e tanti cambiamenti in Cina, soprattutto
nell’ultimo secolo. Che cosa è rimasto di Matteo Ricci in quella nazione?
<< Ho
avuto due occasioni di andare in Cina: nel 2008, per un Convegno su Matteo
Ricci, organizzato dall’Università di Macerata con l’Accademia delle Scienze
sociali cinese, dipartimento delle Religioni mondiali; e poi, nel luglio 2010,
accompagnando un gruppo di 200 maceratesi a visitare i luoghi dove era vissuto
Padre Ricci. In tutte le due le occasioni, ho potuto toccare con mano la grande
stima che, non solo gli uomini di cultura, ma anche il popolo cinese hanno nei
confronti di Matteo Ricci. In Cina, Padre Ricci viene ancora studiato nei libri
di storia delle scuole. Quindi, è conosciuto da tutti i cinesi. Egli
rappresenta uno snodo fondamentale della loro storia. Il suo arrivo a Pekino,
il 24 gennaio 1601, è riportato negli Annali della Dinastia degli Imperatori
Ming e in particolare dell’imperatore dell’epoca, Wanli. Prima della
Rivoluzione, in tutte le scuole cattoliche c’era l’immagine di Matteo Ricci>>.
E
oggi, si vedono ancora segni che ricordano “pubblicamente” Padre Ricci?.
<<Certamente. Nell’Osservatorio astronomico antico di Pechino, ci sono delle
sale dedicate al racconto della storia dell’astronomia in Cina, dove sono
esposti anche gli strumenti dell’epoca di Ricci, e viene messa bene in evidenza
l’importanza e la centralità del missionario italiano. Si vede come erano gli
studi astronomici prima di Ricci e dopo Ricci. Padre Ricci segna la svolta nelle
conoscenze astronomiche cinesi al punto che sulla base di quelle nuove
conoscenze, che saranno approfondite dai gesuiti venuti dopo di lui, i cinesi
operarono la revisione del loro calendario.
<<Ma
ci sono segni anche recentissimi che dimostrano come i cinesi continuano a
nutrire grande stima per Padre Ricci. Al nuovo aeroporto di Pechino vi è una
enorme macchina per lo studio dell’astronomia e sotto vi sono riportati i
grandi personaggi cinesi che hanno favorito le conoscenze astronomiche: tra
essi vi è Matteo Ricci. Nel monumento realizzato nel 2000 per celebrare i
duemila anni di storia cinese, ci sono tutti i principali personaggi della Cina
e solo due stranieri, che sono due italiani, Marco Polo e Matteo Ricci. Ma, in
Cina, Ricci è molto più importante di Marco Polo. In varie città della Cina ci
sono monumenti a Matteo Ricci. Davanti alla cattedrale di Pechino, per esempio,
a Shangai pure, e anche di fronte all’antica facciata (è rimasto solo la
facciata) della cattedrale di Macao. Noi stessi, durante il nostro viaggio,
abbiamo avuto la possibilità di inaugurare un monumento a Matteo Ricci a
Macao>>.
Ha
visitato anche la tomba di Ricci?
<< La
tomba di Matteo Ricci si trova nella zona centrale di Pechino, in quello che è
il luogo dove si formano i giovani e i quadri futuri dei dirigenti del Partito
Comunista cinese. Quindi, nel cuore della valenza culturale e politica della
Cina. E’ circondata da un giardino molto bello, molto curato. E noi abbiamo
avuto il privilegio di poter celebrare la Messa su quella tomba, ed era
certamente la prima volta dall’inizio della rivoluzione di Mao.
<<Al
tempo della “ribellione dei Boxer”, 1901, la tomba di Padre Ricci aveva subito
dei danni, ma poi venne risistemata. Con la Rivoluzione cinese, molti
riferimenti religiosi della storia di quel popolo vennero distrutti. Per la
tomba di Matteo Ricci, attorniata dalle tombe di altri 63 gesuiti, ci fu invece
sempre un grande rispetto>>.
<<Ritiene
che la figura di Matteo Ricci sia utile nel favorire il dialogo tra le autorità
cinesi e il Vaticano?
<<Penso proprio di sì. E’ molto significativo quanto ci ha detto il vescovo a
Pechino, salutando il nostro gruppo durante il pellegrinaggio che abbiamo fatto
nel luglio scorso. Non a caso egli si è soffermato sul processo di
beatificazione di Padre Matteo Ricci, sottolineando che sarebbe un evento molto
importante per la Chiesa cattolica in Cina. Detto dal vescovo cinese, significa
che questo riconoscimento è importante anche per le autorità politiche cinesi.
A Shanghai, recentemente, è stato aperto anche il processo di beatificazione del
discepolo di Padre Ricci, Paolo Xu Guangqi. E’ probabile che la causa possa
camminare parallela con quella di Ricci. E se arrivassero a conclusione tutte
e due insieme, sarebbe un segnale straordinario per i rapporti tra Vaticano e
Cina>>.
Renzo Allegri
foto 4: Monsignor Claudio Giuliodori davanti
alla statua di Padre Matteo Ricci che si trova di
fronte alla Cattedrale di Pechino
foto 5: Il vescovo di Macerata monsignor
Claudio Giuliodori, posa con il vescovo di Shangai,
Aloysius Jin Luxian e alcuni suoi
collaboratori.
foto 6: Monsignor Giuliodori celebra la Messa
sulla tomba di Matteo Ricci