Nell’autunno del 1998, ricevetti una telefonata. Un figlio spirituale di Padre
Pio mi chiedeva di andarlo a trovare. <<Lei è un giornalista che scrive spesso
di Padre Pio, io leggo i suoi articoli>>, disse. <<Ho qualche cosa di molto
importante da raccontarle>>.
Padre
Pio era morto da trent’anni. Il processo della sua beatificazione era finito e
si conosceva già la data della solenne proclamazione della sua santità.
Andai
a trovare quell’uomo e mi raccontò una storia così sconcertante da farmi pensare
che, almeno in parte, fosse frutto della sua fantasia. Riferii la storia in un
mio articolo, ma con tono distaccato, come per far capire al lettore che
riportavo fedelmente ciò che mi era stato detto, ma io stesso stentavo a credere
che quei fatti fossero realmente accaduti.
Sono
trascorsi quasi tredici anni e quella storia è tornata di attualità. Di essa se
ne stanno interessando alcune personalità ecclesiastiche e anche un famoso
scienziato. I risultati finora raggiunti dimostrano che si tratta di una storia
seria, anche se incredibile da un punto di vista razionale, che aggiunge un
nuovo sorprendente capitolo ai misteri carismatici di Padre Pio.
Quel
figlio spirituale di padre Pio si chiamava Francesco Cavicchi. Era un
industriale veneto, assai noto a Conegliano, in provincia di Treviso, dove
viveva. Aveva 85 anni, e per i suoi meriti gli era stato conferito dal
Presidente della Repubblica il titolo di commendatore.
E’ deceduto
nel 2005.
Quando
andai a trovarlo, mi ricevette nella sua casa, una villetta, alla periferia
della città. Mi fece accomodare nel salotto ed entrò subito in argomento.
<<Posseggo uno speciale ritratto di Padre Pio, che lo stesso religioso mi ha
regalato facendolo apparire in maniera misteriosa e inspiegabile su un normale
fazzoletto>>, mi disse. <<E’ un’immagine straordinaria, una reliquia
preziosissima, che tengo da quasi trent’anni. Ho parlato di questa immagine con
alcuni frati cappuccini e anche con il mio vescovo ma mi hanno sempre
raccomandato di non pubblicizzare la vicenda perché poteva essere presa per
fanatismo e nuocere alla causa di beatificazione del Padre. Ma, adesso che il
processo di beatificazione è finito, mi hanno dato il permesso di parlare e di
far conoscere questa misteriosa immagine>>.
Il
commendator Cavicchi si alzò e mi condusse in una stanza accanto al salotto.
Accese le luci, aprì una porticina. <<Ecco la preziosa reliquia>>, disse.
L’immagine era conservata in un angolo della stanza, trasformato in una piccola
cappella. Il telo, su cui si intravedeva l’immagine, era quello di un normale
fazzoletto, segnato, ai bordi, da un caratteristico disegno a righe, tipico dei
fazzoletti di un tempo. Era sospeso tra due vetri, tenuti insieme da una grossa
cornice dorata e montata su di un piedistallo girevole, in modo che si potesse
vedere l’immagine dai due lati. Tutto intorno, fotografie e tanti ex voto.
<<Anche
se io ho cercato di tenere nascosta questa vicenda, come mi era stato
raccomandato>>, disse Cavicchi <<molti devoti ne sono a conoscenza. La storia è
stata diffusa con il “passa parola” e spesso ricevo foto di ammalati, con
richiesta di preghiere. Io pongo quelle foto accanto all’immagine e qualcuno è
anche guarito come dimostrano tutti questi ex voto>>.
Osservai attentamente e con curiosità l’immagine. Era indubbiamente il ritratto
di Padre Pio. Un viso leggermente sfuocato, ma che richiamava in modo
inconfondibile le linnee somatiche del volto del frate con le stigmate. Se ci si
avvicinava, l’immagine sfumava, svaniva quasi. Se ci si allontanava, prendeva
contorni più precisi. Proprio come succede guardando la Sindone, il celeberrimo
Lenzuolo che, secondo un’antichissima tradizione, avvolse il corpo di Cristo
morto e sul quale, in modo misterioso, rimase impressa l’immagine di Gesù.
Girando il quadro sul piedistallo, si poteva vedere il rovescio di quel
fazzoletto. Mentre da un lato l’immagine richiamava perfettamente il volto di
Padre Pio, dall’altro, quel volto rivelava una sconvolgente somiglianza con il
tradizionale volto di Gesù. Le linee essenziali restavano quelle del volto di
Padre Pio, che però assumeva contorni nuovi, una capigliatura alla nazarena che
faceva pensare al Cristo.
<<E’
strano, non è vero?>>, disse il commendator Cavicchi. <<Sono proprio convinto
che su questo fazzoletto da una parte ci sta il volto di Padre Pio e dall’altra
quello di Gesù. A significare, come tanti hanno scritto, che Padre Pio, con il
suo mistero delle stigmate e della sofferenza è stato, su questa terra, un
“altro Cristo”>>.
<<Qual è l’origine di questa immagine?>>, chiesi impaziente.
<<La
storia iniziò alla fine di febbraio del 1968>>, cominciò a raccontare Francesco
Cavicchi. Volto ieratico, occhi vivacissimi, voce profonda, parlava con una
calma serafica, senza riuscire però a nascondere la sua emozione. <<Ero andato
da Padre Pio, che conoscevo e frequentavo da tempo, per chiedergli dei consigli.
Avevo fatto il viaggio in macchina con mia moglie e altri amici. Ma, giunti a
San Giovanni Rotondo, apprendemmo che il Padre non stava bene e quindi non
scendeva dalla sua stanza. Ci fermammo egualmente per alcuni giorni. Poi
decidemmo di tornare a casa.
<<Prima
di partire andai dal superiore del Convento per sapere se, tramite lui, potevo
far giungere il mio messaggio a Padre Pio e avere una risposta. ”Perché non
parli direttamente con il Padre?”, mi disse. “Sono qui da diversi giorni e non
lo vedo”, risposi. “Tra poco scende per confessare gli uomini”, disse lui. E
aprendo una porta della clausura mi indicò l’ascensore da dove sarebbe arrivato
i Padre. “Aspettalo lì”, disse.
<<Ero
solo davanti a quell’ascensore, ed ero preoccupato. Non sapevo come avrei
iniziato a parlare con Padre Pio. Lui aveva sempre poco tempo e quindi non
potevo perdermi in chiacchiere. L’agitazione mi faceva sudare le mani. Presi il
fazzoletto che avevo in tasca e lo tenevo stretto tra le mani per togliere il
sudore. Intanto sentii arrivare l’ascensore. Mi inginocchiai davanti alla
porta. Quando questa si aprì, il Padre mi diede da baciare la mano e disse
sorridendo: “Figliolo, se non ti alzi io come faccio a uscire?”
<<Era
vero. Ostruivo il passaggio. Mi alzai. Lui vide il fazzoletto che tenevo in mano
e me lo prese. Io subito pensai: “Che bellezza! Poi, quando me lo restituirà,
sarà per me una reliquia preziosa”. Camminando accanto al Padre, che era
accompagnato da due confratelli, gli confidai il mio problema e, come sempre,
lui ebbe la risposta immediata e precisa.
<<Intanto eravamo giunti davanti all’ingresso del convento. Fuori c’era la folla
che attendeva il Padre. Appena venne aperta la porta, molti gli corsero incontro
per baciarli la mano, per toccarlo. Fu inghiottito dalla gente e io rimasi lì
sull’uscio a guardare. Avevo dimenticato il fazzoletto, ma non lo aveva
dimenticato Padre Pio. Infatti, si girò verso di me e mostrandomi il fazzoletto,
disse: “Guagliò, e questo non te lo prendi?”. “Ah, sì, grazie”, balbettai
ricordandomi che era un ricordo bellissimo. Lui mi fissò negli occhi, dispiegò
il fazzoletto, se lo passò sul volto quasi a voler asciugare un ipotetico sudore
che non c’era perché era inverno, e me lo consegnò. Il suo era stato un evidente
gesto di tenerezza nei miei confronti. Riprendendo dalle mani del Padre quel
fazzoletto, ero profondamente commosso e capivo che mi aveva fatto un grande
regalo>>.
<<Notò
qualche cosa di particolare su quel fazzoletto?>>
<<Non
c’era niente. Ne sono certo. Era un fazzoletto stropicciato e basta. Ma era
stato nelle mani di Padre Pio, aveva toccato il suo volto, e per me era
diventato una reliquia eccezionale. Tornato in albergo raccontai la storia a mia
moglie e anche lei era felice di avere quell’oggetto. Tornati a casa, lo tenemmo
con grande devozione.
<<Io lo portavo sempre con me, come un portafortuna. Lo tenevo piegato nel
taschino della giacca e spesso lo facevo vedere agli amici raccontando la
storia. Tutti lo toccavano con devozione e, con il passare del tempo, il
fazzoletto aveva preso un brutto colore, sembrava sporco>>.
<<Quando apparve la misteriosa immagine?>>
<<Il
23 settembre 1969, primo anniversario della morte di Padre Pio. Ero andato in
pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo con mia moglie e altri devoti di Padre
Pio. Avevamo viaggiato, in pullman, di notte, giungendo a San Giovanni alle 5
del mattino. Mi sentivo addosso una grande stanchezza, molto più forte di
quella che sentivo in genere dopo gli altri viaggi. Rimasi per un po’ a pregare
nella cripta della chiesa, accanto alla tomba di Padre Pio, ma poi, non
riuscendo a vincere il sonno, salii nella chiesa, mi sedetti in un banco, in
disparte, per riposare.
<<Dopo
pochi attimi ero addormentato. E mentre dormivo sognai Padre Pio. Lo vidi
partire dall’altare maggiore e venire verso di me. Era sorridente. Giuntomi di
fronte, con le mani aprì il saio mostrandomi la piaga del costato. “Toccala”,
disse. Non volevo, temevo di fargli male. Ma lui insistette: “Toccala”. Allora
misi le dita nella piaga. Quando le ritirai, erano sporche di una specie di
pattina bianca, attaccaticcia. Istintivamente cercai di pulirle, ma non sapevo
dove. All’improvviso comparve un pezzo di stoffa bianca, una specie di
fazzoletto, e in quel fazzoletto mi pulii le dita. Ma quella pattina bianca
lasciava sul fazzoletto dei segni neri. E io, non so perché, passandovi sopra i
polpastrelli delle dita ricavai una rozza immagine di Padre Pio. Guardai il
frate, ma era sparito.
<<In
quel momento qualcuno mi svegliò. Era mia moglie. “Sei molto stanco”, mi disse.
“Ma ho anche riposato”, risposi, e aggiunsi: “Vado fuori a rinfrescarmi il
viso”.
<<In fondo al sagrato, davanti alla chiesa, c’era una fontanella, che adesso è
stata spostata altrove. Molta gente andava a prendere l’acqua per dissetarsi e
anche perché era considerata “l’acqua di Padre Pio”. Mi avvicinai, bagnai le
mani e il viso, e tolsi di tasca un fazzoletto per asciugarmi. Invece del
fazzoletto normale, per errore presi quello che mi aveva regalato Padre Pio. Una
donna, che mi stava di fronte, disse: “Signore, com’è sporco il suo fazzoletto.
Vuole che glielo lavi?”. Guardai il fazzoletto e vidi che era piuttosto nero e
macchiato. “Sì, laviamolo”, dissi. E mentre pronunciavo queste parole mi
meravigliai di quella decisione perché tante volte mia moglie voleva lavarlo e
non glielo avevo mai permesso. La donna si avvicinò e cominciò a versare sul
fazzoletto l’acqua della sua bottiglia. Io lo sciacquavo tra le mani.
Improvvisamente la donna cominciò a gridare: “Padre Pio, Padre Pio”. “Dov’è?”
chiesi. “Lì, nel fazzoletto”, disse lei continuando a strillare. Accorse gente.
Mi spaventai. Il giorno prima una donna che aveva gridato in chiesa di vedere
Padre Pio sui gradini dell’altare era stata presa dai carabinieri e portata in
questura. Misi in tasca il fazzoletto tutto bagnato e mi allontanai dicendo:
“Non c’è niente da vedere”. Mi rifugiai in chiesa e dopo un poco tornai in
albergo>>.
<<Su
quel fazzoletto quindi si vedeva il volto di Padre Pio>>.
<<Io, per la verità, vedevo dei segni neri sconnessi, simili a quelli che mi
pareva di aver tracciato in sogno. Potevano far pensare al volto di una persona,
ma non erano chiari. E io, pur comprendendo che qualcosa di misterioso stava
accadendo intorno a quel fazzoletto, non volevo essere ingannato. Per questo non
dissi niente a nessuno. Neppure a mia moglie. Prima di andare a letto, stesi il
fazzoletto sul comò della camera perché si asciugasse. Al mattino, durante la
Messa, pregai Padre Pio che mi “facesse capire” il significato dei segni
comparsi sul fazzoletto. E gli chiesi anche di poter confidarmi con mia moglie.
Sentii subito un forte profumo e lo interpretai come il permesso di parlare con
mia moglie.
<<Mentre tornavamo in albergo, raccontai a mia moglie quanto era accaduto.
Saliti nella nostra camera, andai a prendere il fazzoletto e glielo misi davanti
agli occhi. "Tu, che cosa vedi?", le chiesi. ”Il volto di Gesù”, disse lei.
“Quale Gesù, è Padre Pio”, ribattei. “No, per me è il volto di Gesù”. Guardai e
mi resi conto di aver mostrato a mia moglie un’immagine diversa da quella che
avevo visto io. Girai il fazzoletto, e dall’altra parte c’era il volto di Padre
Pio composto con quei segni neri e sconnessi che avevo notato anche la sera
precedente, ma adesso il volto appariva nitido e dettagliato. Nel corso della
notte, sul fazzoletto si erano quindi formate quelle due immagini misteriose,
distinte e diverse, che richiamavano il volto di Gesù e quello di Padre Pio.
<<Ero
confuso e spaventato. Non sapevo che dire né che fare. Mi consigliai con alcuni
religiosi. Tutti, vedendo l’immagine, rimanevano meravigliati ma poi mi
dicevano di tenerla nascosta. Tornato a Conegliano, parlai anche con il mio
vescovo e anche lui mi consigliò il silenzio. Temevano che potesse suscitare
fanatismo e creare danno alla causa di beatificazione.
<<E io
ho obbedito. Ho tenuto sempre nascosta questa immagine. La mostravo solo a chi
aveva l’autorizzazione dei Frati Cappuccini. Ma, come ho detto, adesso ho il
permesso farla conoscere. E spero che si voglia finalmente esaminarla per capire
quale sia il suo valore e il suo segreto>>.
Lasciai la casa del commendatore Cavicchi perplesso. Pur avendo stima di
quell’uomo, che era un grande devoto di padre Pio e per tanti anni era stato il
responsabile dei “Gruppi di preghiera” della sua città, carica che viene data
solo a persone che si distinguono per prudenza e spiritualità, la storia che mi
aveva raccontato non mi convinceva pienamente. La riferii in un lungo articolo,
come avevo promesso a Cavicchi e poi non me ne interessai più.
Nel
2005 Cavicchi morì. Il famoso fazzoletto venne consegnato a una comunità di
Frati che, ad un certo momento, decisero di far esaminare quell’immagine a un
esperto.
Si
rivolsero al professor Giulio Fanti, professore dell’Università di Padova. Fanti
è un matematico, docente di “Misure Meccaniche e Termiche” presso il
Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università patavina, uno scienziato di
grande fama che ha partecipato alla preparazione di diverse imprese spaziali
USA, ma è anche un grande esperto della Sindone, sulla quale ha fatto importanti
ricerche, scritto libri, ed è studioso anche di quelle immagini misteriose,
definite “acheropite”, termine che deriva del greco e che significa “non fatte
da mano dell’uomo”.
Il
professor Fanti ha compiuto le sue ricerche arrivando a conclusioni che hanno
veramente dell’incredibile.
<<Le
due immagini che si vedono su questo fazzoletto non hanno alcuna spiegazione
scientifica e non sono, quindi, opera umana>>, mi ha detto il professore.
<<Queste immagini hanno le tipiche caratteristiche della Sindone: non sono
state dipinte, non sono state disegnate, sulla tela non si trova nessuna traccia
di colore o di altra sostanza. La Scienza deve essere aperta a tutto e se esiste
un oggetto strano di cui non si conosce l’origine, la strada giusta è
indagarlo>>.
<<Che tipo di ricerche ha compiuto su questo fazzoletto?>>.
<<Tutte quelle necessarie in casi del genere, utilizzando i mezzi
scientifici più moderni e sofisticati: analisi fotografiche nel visibile,
nell’ultravioletto, nell’infrarosso, analisi chimiche, analisi al microscopio
elettronico eccetera. La conclusione è inconfutabile: è impossibile che queste
immagini siano di opera umana>>.
<<E
quale, secondo lei, potrebbe esserne l’origine?>> .
<<Non è compito della Scienza stabilirlo. Noi osserviamo ed esaminiamo i
fatti. Sarebbe lungo illustrarli nei dettagli. Mi soffermo su uno. Queste
immagini sono frutto non di “pigmentazione”, ma di “mancanza di pigmentazione”.
Mi spiego. Se io dipingo un tessuto e poi lo esamino al microscopio, trovo che
le fibre nella zona dell’immagine sono colorate mentre il resto del tessuto non
lo è. Nel fazzoletto di Cavicchi, avviene invece il contrario. In corrispondenza
dell’immagine, le fibre appaiono “de-colorate”, cioè hanno perduto il colore
naturale della loro sostanza. L’immagine, quindi, è data dalla “perdita” di
colore delle fibre in quel preciso punto. E’ veramente arduo pensare che esista
qualcuno in grado di “compiere” un intervento del genere. Ma c’è di più. Anche a
livello delle fibrille, i conti non tornano. Le fibrille sono i filamenti di
tessuto che costituiscono la fibra ed hanno un diametro di dieci millesimi di
millimetro. Nella zona dell’immagine, le fibrille non sono “de-colorate” per
tutta la loro lunghezza, ma solo in alcuni punti, quelli utili a formare
l’immagine. Nessuna persona, con nessun mezzo oggi conosciuto, potrebbe eseguire
sulle fibrille un intervento del genere>>.
Il
professor Fanti è una persona riservata, di poche parole, ma la sua fama nel
mondo scientifico è grande. Per questo le sue affermazioni riguardanti il
fazzoletto di Cavicchi, affermazioni così chiare e decise, pesano come macigni e
inducono a serie riflessioni.
Renzo
Allegri
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