L’Università Cattolica di Milano, che compie 90 anni, apre le porte all’arte figurativa con l’allestimento di una mostra dedicata alle opere di Pino Pedano
Un grande ebanista con l'anima del mistico
27/06/2011

  Di Renzo Allegri
  Foto di Nicola Allegri


L'Università Cattolica compie novant'anni. Nell'ambito degli eventi in programma per le celebrazioni di questo anniversario, il 29 giugno, nella sede dell’Ateneo milanese fondato da Padre Agostino Gemelli, si terrà una speciale serata culturale, con l’inaugurazione di una mostra di sculture in legno e il concerto di uno dei più famosi cori universitari miste d’Inghilterra, il “King’s College London”.
La mostra è una iniziativa straordinaria, che guarda al futuro. All’inizio della sua storia, questo Ateneo si interessava anche di arte figurativa, ma poi l’aveva abbandonata. Ora, come scrive il Rettore, professor Lorenzo Ornaghi nell’introduzione al Catalogo della Mostra, “la Cattolica avverte in sé il desiderio profondo di rinnovare la propria vocazione a essere luogo capace non solo di produrre cultura, ma anche di generare arte”. Magnifica decisione. E quanto mai opportuna soprattutto per gli artisti “credenti” che sono abbandonati. I poteri politici li ignorano. Per i media laici, non esistono. Le istituzioni cattoliche, che dovrebbero essere la culla dove questi artisti si formano e dove trovano sostegno, preferiscono spesso accodarsi al carro della moda e dare spazio alle persone già celebrate in televisione e sui giornali, che non sono credenti, altrimenti non sarebbero celebrate. Nel panorama culturale italiano, di cui parlano i media, la cultura cattolica non ha spazio. E’, quindi, assai interessante che il massimo Ateneo cattolico del nostro Paese presenti una iniziativa del genere.

Un primo piano di Pino Pedano. Nato a Pittineo, in provincia di Messina, cominciò ad “andare a bottega” per imparare a lavorare il legno a soli 7 anni. A 17 emigrò a Milano dove iniziò la sua carriera divenendo, in poco tempo, un artista di fama internazionale.
 

La mostra, che resterà aperta al pubblico fino ad ottobre, si intitola “Risveglio”. L’artista scelto è Pino Pedano, un ebanista, cioè uno che lavora il legno. Un grande artista, del quale la mostra presenta una serie di lavori rappresentativi dei suoi 35 anni di carriera.

Nato in Sicilia 67 anni fa, Pedano è milanese di adozione. Conosce il legno e i suoi segreti come pochi al mondo. Merito anche di suo padre che lo mandò a bottega (come si faceva nel Cinquecento) quando aveva soltanto sette anni, maturando in questo modo una conoscenza e una capacità di trattare il legno come non è possibile apprendere nelle scuole o sui libri.
Quando, nel 1961, a 17 anni, decide di emigrare a Milano, Pedano è già un artista, sconosciuto ma scalpitante.
A Milano lavora e frequenta le scuole che non aveva potuto frequentare in Sicilia.
In pochi anni mette in evidenza le sue doti e comincia ad essere apprezzato. Fa le prime mostre, grossi manager si accorgono di lui e in pochi anni diventa una star internazionale.

L’arte di Pedano affascinava fin dal suo nascere anche perché “sostenuta” da una ideologia molto singolare. Pedano non scolpisce il legno. E’ orgoglioso nell’affermare che, per le sue opere, non è mai stato tagliato un albero. Ha sempre utilizzato materiale di recupero, cioè legno scartato, e che, come sostiene, resta sempre vivo. Di fronte a un tronco d’albero vecchio e rinsecchito, si ferma a osservare, a dialogare. Lo interroga e “ascolta”, perché, dice, <<il legno parla ed è il legno stesso a svelare le possibilità che ha dentro>>.
Individuato il percorso e l’utilizzo, inizia il lavoro, basato su una tecnica volta a utilizzare le qualità di “quel” legno, perché è lui il protagonista, il soggetto vivo, lui con il suo colore, le sue venature, le ferite, le imperfezioni, la sua storia, la sua memoria. Combinando tutto questo con le qualità di altri legni, assemblati insieme attraverso sezionature, incollaggi, e tra un incollaggio e l’altro lamelle di compensato di pioppo che l’artista chiama “anime”, Pedano ottiene dei capolavori singolarissimi, personalissimi, affascinanti, che non si inquadrano nelle categorie tradizionali, ma che sprigionano una energia e una vitalità incredibili. Cubi, sfere, piramidi, ovali, pannelli, totem, le celebri “madri”, opere anche monumentali e, recentemente, quelle ispirate a tematiche religiose, il tutto fuso in una simbologia grondante ottimismo, gioia, speranza, vita. Il rituale di lavorazione di Pino Pedano è sempre lungo, paziente, meditato, svolto al di fuori del tempo, della fretta, in una atmosfera di silenzio, nel suo grande studio ricavato in una cascina nella pianura pavese, dove la solitudine contemplativa è assoluta. Pino, quando lavora in quel suo studio, diventa una specie di certosino, mistico, assorto, con il viso illuminato, che si dimentica perfino di mangiare.
 

Particolare di un’opera in legno di Pino Pedano. Egli non scolpisce il legno, ma con una tecnica sua personale, utilizzando le qualità intrinseche del legno scelto, (colore, venature, ferite, imperfezioni), e combinandole con le qualità di altri legni assemblati insieme, ottiene dei capolavori singolarissimi, personalissimi e affascinanti.
 

La carriera di Pedano si è sviluppata in tre periodi distinti. Il primo va dal 1975 al 1992. Quindici anni di lavoro forsennato e successi strepitosi. Nel 1975 fa la sua prima mostra. Espone alla "Galleria del Naviglio" di Milano, rivelando un talento e una personalità che incanta pubblico e critici. Subito dopo, partecipa all’ArteFiera di Bologna e di Basilea. La sua fama si spande anche all’estero. Le sue singolari opere diventano oggetti di culto, soprattutto per gli intellettuali, e procurano all’artista la fama di “creativo d’avanguardia”, capace di lanciare tendenze, mode, stili di successo. La mostre si susseguono a ritmo incalzante, in molte città italiane, ma anche nelle sedi più esclusive a Parigi, a New York, a Tokyo, Zurigo, Basilea, Amburgo, Londra. Nella capitale della Gran Bretagna ha l’onore di una presentazione della sua opera al “Victoria & Albert Museum”, alla presenza di personalità di mezza Europa. Nel 1992, il Comune di Milano lo celebra dedicandogli una mostra personale alla Rotonda della Besana dal titolo "Il Giardino Segreto".

Ma nel 1992 accadde un fatto imprevedibile che ferma tutto. Pedano scompare. E’come se si fosse volatilizzato. Niente più mostre. Per 14 anni nessuno sente più parlare di lui. Ed è questo il secondo periodo della sua vita artistica, periodo a noi sconosciuto, fatto di silenzio e di inattività, quindi non documentato da opere visibili, ma certamente importantissimo perché ha sconvolto, anzi rivoluzionato la vita di Pedano.
<<Tutto è cominciato con una tempesta di dolore>>, mi ha raccontato Pedano. <<Mi sentivo sempre stanco, avevo fortissimi dolori allo stomaco e seguitavo a perdere peso. Un giorno, mentre rientravo da un ristorante, sentii un rigurgito in bocca e sputai sangue. “E’ un po’ di gastrite”, mi dissi per tranquillizzarmi. Ma alcuni giorni dopo fui colto da una nuova emorragia, inarrestabile. Questa volta mi spaventai, dissi a mia moglie di chiamare un’ambulanza e mi feci portare al pronto soccorso del “San Raffaele”. I medici mi visitarono e mi ricoverarono immediatamente. Dissero a mia moglie che la situazione si presentava drammatica. Avevo un tumore ai polmoni e un diabete altissimo.
<<Trascorsi una nottata da incubo, con mia moglie che piangeva disperata. Al mattino fui sottoposto ad analisi, controlli radiologici che confermarono la diagnosi. I medici dissero che con quel diabete alle stelle non si poteva neppure pensare ad un intervento chirurgico, per me non c’erano speranze. Mia moglie chiese se poteva portare i bambini a salutare il papà per l’ultima volta. I miei tre figli piccoli arrivarono nel pomeriggio, vestiti a festa. Pensando che sarebbero rimasti orfani, fui preso da una disperata commozione e scoppiai a piangere. Poi i bambini se ne andarono, i medici mi diedero dei sedativi per calmare la mia emozione.
 

Pino Pedano accanto a un’immagine in legno di Padre Pio. << Dopo il miracolo ottenuto>>, dice l’artista <<mi ritengo un figlio spirituale di Padre Pio e cerco di ricordarmi di lui spesso anche nelle mia attività artistica>>.
 

<<Sul comodino avevo messo alcune fotografie, tra cui anche un’immagine di Padre Pio, che avevo imparato a conoscere fin da quando ero un bambino, attraverso mia madre, sua figlia spirituale. E in quel momento di dolore sentii il desiderio di pregarlo intensamente. Gli chiedevo di aiutarmi perché non volevo lasciare soli i miei bambini ancora così piccoli. Mi addormentai.

Mi svegliai di soprassalto alle cinque del mattino. Un risveglio brusco, repentino, come se qualcuno mi avesse scosso violentemente. Aprii gli occhi, e vidi che la stanza era invasa da una luce bianchissima, accecante. Mi sentivo immerso in quella luce e insieme sentivo che essa penetrava nel mio corpo, lo purificava, lo sterilizzava. Non c’era nessuna immagine dentro quel chiarore, ma io percepivo, in modo fortissimo, la presenza di Padre Pio. Poi la luce scomparve, e io mi sentivo benissimo. Avevo la certezza di non essere più ammalato.

<<Volevo chiamare i medici, raccontare quell’esperienza, ma mi trattenni. Mi avrebbero preso per matto. I medici continuarono le loro analisi. Ma subito si accorsero che del tumore non c’era più traccia. Si preoccuparono, volevano trovarlo a tutti i costi, e mi sottoposero ad un’infinità di altre analisi. Dopo sei giorni, non potendone più, decisi di parlare: “E’ inutile che cerchiate il tumore”, dissi. “Non c’è più. E’ venuto Padre Pio e mi ha guarito”. I medici mi guardarono cinici. Pensavano che fossi impazzito.
<<Riuscii a farmi dimettere dall’ospedale. Tornato a casa, ripresi la mia vita di sempre. Del tumore non ho più avuto notizie>>.

Quell’evento lasciò un marchio indelebile nell’animo di Pino Pedano, che “focalizzò” l’attenzione dell’artista su valori trascurati nel turbine della gloria. Anche se fisicamente guarito, Pedano non riprese a lavorare. Continuò a riflettere, a meditare. Quattordici anni di silenzio.
<<Riflettevo su quanto mi era accaduto, e soprattutto perché era accaduto a me>>, mi ha confidato Pedano. <<Sentivo dentro il cuore che Dio aveva voluto farmi un dono, darmi una nuova vita. E capivo che il mio compito, dopo quell’evento, doveva essere quello di testimoniare Dio attraverso il mio lavoro. Quando questa convinzione fu chiara dentro di me, ripresi a lavorare, con foga, come un tempo>>.

Iniziò il terzo periodo della carriera artistica di Pino Pedano, quello della testimonianza. Nel 2006, egli è tornato a esporre con una personale dal titolo emblematico: La nuova vita. Le opere esposte si riallacciavano, nella forma, al suo inconfondibile stile, ma sprigionavano un qualche cosa di nuovo, come un chiarore radioso, una tensione e una serenità non precisabili ma che sembravano non trovarsi nelle opere precedenti.

Una delle opere recenti di Pino Pedano. Si intitola “Speranza”. <<Questa grande croce di pioppo, alta più di tre metri e pesante oltre due quintali e mezzo, tutta trapassata da piccoli fori, è contemporaneamente legno, luce, trasparenza e speranza. Perché, per il cristiano, la croce non è simbolo solo di sofferenza, ma soprattutto di verità e speranza nella vita quotidiana e in quella eterna>>.
 

Il titolo della mostra, La vita nuova, il luogo dove venne allestita, L’Oratorio della Passione presso la Basilica di Sant’Ambrogio, quindi un luogo religioso, sacro, e le tematiche trattate, la vita, soprattutto nella sua espressione iniziale, la maternità, indicavano il “il senso” del suo “nuovo corso artistico”. “Senso” che non ha più abbandonato. Dopo “La nuova vita”, è arrivata la mostra dal titolo “Luce”, allestita anche questa dentro una chiesa, la celebre “chiesa rossa” di Milano.
<<Ho dato a quella mostra il titolo di “Luce”>>, mi ha spiegato Pedano <<richiamandomi alla “luce di Dio”, quella che Lui aveva donato a me attraverso la prova, l’unica luce in grado di illuminare la nostra strada. Oggi gli uomini non hanno più punti di riferimento, non hanno guide. Ma Dio è sempre presente e la sua luce può condurre l’umanità fuori da qualsiasi problema. Una delle opere che preparai per quella mostra, si intitola “Speranza”, ed è  una  grande  croce  di  pioppo alta  più di tre metri e pesante oltre due quintali e mezzo, tutta trapassata da piccoli fori. In quel modo, la croce è contemporaneamente legno, luce, trasparenza e speranza. Perché, per il cristiano, la croce non è simbolo solo di sofferenza, ma soprattutto di verità e speranza nella vita quotidiana e in quella eterna>>.

Nel 2010, muova esposizione di Pedano, in forma retrospettiva, alla Galleria d'Arte Sacra dei Contemporanei di Villa Colerici. Titolo “Orizzonte”. E anche in questa mostra, opere di forte valenza spirituale. Ora “Risveglio” alla Cattolica, con opere di repertorio e quelle nuove dedicate a Padre Gemelli, il fondatore della Cattolica e al Sacro Cuore di Gesù e al Sacro Cuore di Maria, cui l’università Cattolica e affidata.

Nelle interviste, nelle conversazioni, Pino Pedano non manca mai di sottolineare la sua fede, divenuta la sua “unica guida”. Dice, con la massima semplicità e la più viva convinzione: <<Io sono un sopravvissuto. Dovevo morire e sono qui. Ciò che faccio è opera di Dio, non mia. Ecco perché mi dedico solo a opere di ispirazione spirituale, con la speranza che aiutino a richiamare l’attenzione sul mondo dello spirito e sui misteri della Fede>>.
 


Pino Pedano davanti a un singolare monumento dedicato a Padre Pio, che egli ha realizzato all’ingresso della cascina dove ha lo studio a Torricella Verzate. <<Sono stato miracolato da Padre Pio>>, dice
<<e questo monumento è un segno di ringraziamento e di amore>>.

 

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Registrazione Tribunale di Aosta N° 01/05 del 21 Gennaio 2005
Direttore responsabile Franco Rossi Marcelli
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Iscrizione R.O.C. n° 16223 del 25 Ottobre 2007

 

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