L'Università Cattolica compie novant'anni. Nell'ambito degli eventi in programma
per le celebrazioni di questo anniversario, il 29 giugno, nella sede dell’Ateneo
milanese fondato da Padre Agostino Gemelli, si terrà una speciale serata
culturale, con l’inaugurazione di una mostra di sculture in legno e il concerto
di uno dei più famosi cori universitari miste d’Inghilterra, il “King’s College
London”.
La mostra è una iniziativa straordinaria, che guarda al futuro. All’inizio della
sua storia, questo Ateneo si interessava anche di arte figurativa, ma poi
l’aveva abbandonata. Ora, come scrive il Rettore, professor Lorenzo Ornaghi
nell’introduzione al Catalogo della Mostra, “la Cattolica avverte in sé il
desiderio profondo di rinnovare la propria vocazione a essere luogo capace non
solo di produrre cultura, ma anche di generare arte”. Magnifica decisione. E
quanto mai opportuna soprattutto per gli artisti “credenti” che sono
abbandonati. I poteri politici li ignorano. Per i media laici, non esistono. Le
istituzioni cattoliche, che dovrebbero essere la culla dove questi artisti si
formano e dove trovano sostegno, preferiscono spesso accodarsi al carro della
moda e dare spazio alle persone già celebrate in televisione e sui giornali, che
non sono credenti, altrimenti non sarebbero celebrate. Nel panorama culturale
italiano, di cui parlano i media, la cultura cattolica non ha spazio. E’,
quindi, assai interessante che il massimo Ateneo cattolico del nostro Paese
presenti una iniziativa del genere.
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Un primo piano di Pino
Pedano. Nato a Pittineo, in provincia di
Messina, cominciò ad “andare a bottega” per
imparare a lavorare il legno a soli 7 anni.
A 17 emigrò a Milano dove iniziò la sua
carriera divenendo, in poco tempo, un
artista di fama internazionale. |
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La mostra, che resterà aperta al pubblico fino ad ottobre, si intitola
“Risveglio”. L’artista scelto è Pino Pedano, un ebanista, cioè uno che lavora il
legno. Un grande artista, del quale la mostra presenta una serie di lavori
rappresentativi dei suoi 35 anni di carriera.
Nato in Sicilia 67 anni fa, Pedano è milanese di adozione. Conosce il legno e i
suoi segreti come pochi al mondo. Merito anche di suo padre che lo mandò a
bottega (come si faceva nel Cinquecento) quando aveva soltanto sette anni,
maturando in questo modo una conoscenza e una capacità di trattare il legno come
non è possibile apprendere nelle scuole o sui libri.
Quando, nel 1961, a 17 anni, decide di emigrare a Milano, Pedano è già un
artista, sconosciuto ma scalpitante.
A Milano lavora e frequenta le scuole che
non aveva potuto frequentare in Sicilia.
In pochi anni mette in evidenza le sue
doti e comincia ad essere apprezzato. Fa le prime mostre, grossi manager si
accorgono di lui e in pochi anni diventa una star internazionale. |
L’arte di Pedano affascinava fin dal suo nascere anche perché “sostenuta” da una
ideologia molto singolare. Pedano non scolpisce il legno. E’ orgoglioso
nell’affermare che, per le sue opere, non è mai stato tagliato un albero. Ha
sempre utilizzato materiale di recupero, cioè legno scartato, e che, come
sostiene, resta sempre vivo. Di fronte a un tronco d’albero vecchio e
rinsecchito, si ferma a osservare, a dialogare. Lo interroga e “ascolta”,
perché, dice, <<il legno parla ed è il legno stesso a svelare le possibilità
che ha dentro>>.
Individuato il percorso e l’utilizzo, inizia il lavoro, basato su una tecnica
volta a utilizzare le qualità di “quel” legno, perché è lui il protagonista, il
soggetto vivo, lui con il suo colore, le sue venature, le ferite, le
imperfezioni, la sua storia, la sua memoria. Combinando tutto questo con le
qualità di altri legni, assemblati insieme attraverso sezionature, incollaggi, e
tra un incollaggio e l’altro lamelle di compensato di pioppo che l’artista
chiama “anime”, Pedano ottiene dei capolavori singolarissimi, personalissimi,
affascinanti, che non si inquadrano nelle categorie tradizionali, ma che
sprigionano una energia e una vitalità incredibili. Cubi, sfere, piramidi,
ovali, pannelli, totem, le celebri “madri”, opere anche monumentali e,
recentemente, quelle ispirate a tematiche religiose, il tutto fuso in una
simbologia grondante ottimismo, gioia, speranza, vita. Il rituale di lavorazione
di Pino Pedano è sempre lungo, paziente, meditato, svolto al di fuori del tempo,
della fretta, in una atmosfera di silenzio, nel suo grande studio ricavato in
una cascina nella pianura pavese, dove la solitudine contemplativa è assoluta.
Pino, quando lavora in quel suo studio, diventa una specie di certosino,
mistico, assorto, con il viso illuminato, che si dimentica perfino di mangiare.
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Particolare di un’opera in
legno di Pino Pedano. Egli non scolpisce il
legno, ma con una tecnica sua personale,
utilizzando le qualità intrinseche del legno
scelto, (colore, venature, ferite,
imperfezioni), e combinandole con le qualità
di altri legni assemblati insieme, ottiene
dei capolavori singolarissimi,
personalissimi e affascinanti. |
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La carriera di Pedano si è sviluppata in tre periodi distinti. Il primo va dal
1975 al 1992. Quindici anni di lavoro forsennato e successi strepitosi. Nel 1975
fa la sua prima mostra. Espone alla "Galleria del Naviglio" di Milano, rivelando
un talento e una personalità che incanta pubblico e critici. Subito dopo,
partecipa all’ArteFiera di Bologna e di Basilea. La sua fama si spande anche
all’estero. Le sue singolari opere diventano oggetti di culto, soprattutto per
gli intellettuali, e procurano all’artista la fama di “creativo d’avanguardia”,
capace di lanciare tendenze, mode, stili di successo. La mostre si susseguono a
ritmo incalzante, in molte città italiane, ma anche nelle sedi più esclusive a
Parigi, a New York, a Tokyo, Zurigo, Basilea, Amburgo, Londra. Nella capitale
della Gran Bretagna ha l’onore di una presentazione della sua opera al “Victoria
& Albert Museum”, alla presenza di personalità di mezza Europa. Nel 1992, il
Comune di Milano lo celebra dedicandogli una mostra personale alla Rotonda della
Besana dal titolo "Il Giardino Segreto". |
Ma nel 1992 accadde un fatto imprevedibile che ferma tutto. Pedano scompare.
E’come se si fosse volatilizzato. Niente più mostre. Per 14 anni nessuno sente
più parlare di lui. Ed è questo il secondo periodo della sua vita artistica,
periodo a noi sconosciuto, fatto di silenzio e di inattività, quindi non
documentato da opere visibili, ma certamente importantissimo perché ha
sconvolto, anzi rivoluzionato la vita di Pedano.
<<Tutto è cominciato con una tempesta di dolore>>, mi ha raccontato
Pedano. <<Mi sentivo sempre stanco, avevo fortissimi dolori allo stomaco e
seguitavo a perdere peso. Un giorno, mentre rientravo da un ristorante, sentii
un rigurgito in bocca e sputai sangue. “E’ un po’ di gastrite”, mi dissi per
tranquillizzarmi. Ma alcuni giorni dopo fui colto da una nuova emorragia,
inarrestabile. Questa volta mi spaventai, dissi a mia moglie di chiamare
un’ambulanza e mi feci portare al pronto soccorso del “San Raffaele”. I medici
mi visitarono e mi ricoverarono immediatamente. Dissero a mia moglie che la
situazione si presentava drammatica. Avevo un tumore ai polmoni e un diabete
altissimo.
<<Trascorsi una nottata da incubo, con mia moglie che piangeva disperata. Al
mattino fui sottoposto ad analisi, controlli radiologici che confermarono la
diagnosi. I medici dissero che con quel diabete alle stelle non si poteva
neppure pensare ad un intervento chirurgico, per me non c’erano speranze. Mia
moglie chiese se poteva portare i bambini a salutare il papà per l’ultima volta.
I miei tre figli piccoli arrivarono nel pomeriggio, vestiti a festa. Pensando
che sarebbero rimasti orfani, fui preso da una disperata commozione e scoppiai a
piangere. Poi i bambini se ne andarono, i medici mi diedero dei sedativi per
calmare la mia emozione.
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Pino Pedano accanto a
un’immagine in legno di Padre Pio. << Dopo
il miracolo ottenuto>>, dice l’artista <<mi
ritengo un figlio spirituale di Padre Pio e
cerco di ricordarmi di lui spesso anche
nelle mia attività artistica>>. |
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<<Sul comodino avevo messo alcune fotografie, tra cui anche un’immagine di Padre
Pio, che avevo imparato a conoscere fin da quando ero un bambino, attraverso mia
madre, sua figlia spirituale. E in quel momento di dolore sentii il desiderio di
pregarlo intensamente. Gli chiedevo di aiutarmi perché non volevo lasciare soli
i miei bambini ancora così piccoli. Mi addormentai.
Mi svegliai di soprassalto
alle cinque del mattino. Un risveglio brusco, repentino, come se qualcuno mi
avesse scosso violentemente. Aprii gli occhi, e vidi che la stanza era invasa da
una luce bianchissima, accecante. Mi sentivo immerso in quella luce e insieme
sentivo che essa penetrava nel mio corpo, lo purificava, lo sterilizzava. Non
c’era nessuna immagine dentro quel chiarore, ma io percepivo, in modo
fortissimo, la presenza di Padre Pio. Poi la luce scomparve, e io mi sentivo
benissimo. Avevo la certezza di non essere più ammalato. |
<<Volevo chiamare i medici, raccontare quell’esperienza, ma mi trattenni. Mi
avrebbero preso per matto. I medici continuarono le loro analisi. Ma subito si
accorsero che del tumore non c’era più traccia. Si preoccuparono, volevano
trovarlo a tutti i costi, e mi sottoposero ad un’infinità di altre analisi. Dopo
sei giorni, non potendone più, decisi di parlare: “E’ inutile che cerchiate il
tumore”, dissi. “Non c’è più. E’ venuto Padre Pio e mi ha guarito”. I medici mi
guardarono cinici. Pensavano che fossi impazzito.
<<Riuscii a farmi dimettere dall’ospedale. Tornato a casa, ripresi la mia vita
di sempre. Del tumore non ho più avuto notizie>>.
Quell’evento lasciò un marchio indelebile nell’animo di Pino Pedano, che
“focalizzò” l’attenzione dell’artista su valori trascurati nel turbine della
gloria. Anche se fisicamente guarito, Pedano non riprese a lavorare. Continuò a
riflettere, a meditare. Quattordici anni di silenzio.
<<Riflettevo su quanto mi era accaduto, e soprattutto perché era accaduto a
me>>, mi ha confidato Pedano. <<Sentivo dentro il cuore che Dio aveva voluto
farmi un dono, darmi una nuova vita. E capivo che il mio compito, dopo
quell’evento, doveva essere quello di testimoniare Dio attraverso il mio lavoro.
Quando questa convinzione fu chiara dentro di me, ripresi a lavorare, con foga,
come un tempo>>. Iniziò il terzo periodo della
carriera artistica di Pino Pedano, quello della testimonianza. Nel 2006, egli è
tornato a esporre con una personale dal titolo emblematico: La nuova vita. Le
opere esposte si riallacciavano, nella forma, al suo inconfondibile stile, ma
sprigionavano un qualche cosa di nuovo, come un chiarore radioso, una tensione e
una serenità non precisabili ma che sembravano non trovarsi nelle opere
precedenti.
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Una delle opere recenti di
Pino Pedano. Si intitola “Speranza”.
<<Questa grande croce di pioppo, alta più di
tre metri e pesante oltre due quintali e
mezzo, tutta trapassata da piccoli fori, è
contemporaneamente legno, luce, trasparenza
e speranza. Perché, per il cristiano, la
croce non è simbolo solo di sofferenza, ma
soprattutto di verità e speranza nella vita
quotidiana e in quella eterna>>. |
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Il titolo della mostra, La vita nuova, il luogo dove venne allestita, L’Oratorio
della Passione presso la Basilica di Sant’Ambrogio, quindi un luogo religioso,
sacro, e le tematiche trattate, la vita, soprattutto nella sua espressione
iniziale, la maternità, indicavano il “il senso” del suo “nuovo corso
artistico”.
“Senso” che non ha più abbandonato. Dopo “La nuova vita”, è arrivata la mostra
dal titolo “Luce”, allestita anche questa dentro una chiesa, la celebre “chiesa
rossa” di Milano.
<<Ho dato a quella mostra il titolo di “Luce”>>, mi ha spiegato Pedano
<<richiamandomi alla “luce di Dio”, quella che Lui aveva donato a me attraverso
la prova, l’unica luce in grado di illuminare la nostra strada. Oggi gli uomini
non hanno più punti di riferimento, non hanno guide. Ma Dio è sempre presente e
la sua luce può condurre l’umanità fuori da qualsiasi problema. Una delle opere
che preparai per quella mostra, si intitola “Speranza”, ed è una grande croce di pioppo alta più di tre
metri e pesante oltre due quintali e mezzo, tutta trapassata da piccoli fori. In
quel modo, la croce è contemporaneamente legno, luce, trasparenza e speranza.
Perché, per il cristiano, la croce non è simbolo solo di sofferenza, ma
soprattutto di verità e speranza nella vita quotidiana e in quella eterna>>. |
Nel 2010, muova esposizione di Pedano,
in forma retrospettiva, alla Galleria d'Arte Sacra dei Contemporanei di Villa
Colerici. Titolo “Orizzonte”. E anche in questa mostra, opere di forte valenza
spirituale. Ora “Risveglio” alla Cattolica, con opere di repertorio e quelle
nuove dedicate a Padre Gemelli, il fondatore della Cattolica e al Sacro Cuore di
Gesù e al Sacro Cuore di Maria, cui l’università Cattolica e affidata.
Nelle interviste, nelle conversazioni, Pino Pedano non manca
mai di sottolineare la sua fede, divenuta la sua “unica guida”. Dice, con la
massima semplicità e la più viva convinzione: <<Io sono un sopravvissuto.
Dovevo morire e sono qui. Ciò che faccio è opera di Dio, non mia. Ecco perché mi
dedico solo a opere di ispirazione spirituale, con la speranza che aiutino a
richiamare l’attenzione sul mondo dello spirito e sui misteri della Fede>>.
Pino Pedano davanti a un
singolare monumento dedicato a Padre Pio,
che egli ha realizzato all’ingresso della
cascina dove ha lo studio a Torricella
Verzate. <<Sono stato miracolato da Padre
Pio>>, dice
<<e questo monumento è un segno di
ringraziamento e di amore>>. |
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