I reportage dei fratelli Allegri – 2009 anno dell’astronomia. A Parigi, nel castello che fu di Luigi Giuseppe, Delfino di Francia, figlio di Luigi XVI, e che ora è sede di uno dei centri più prestigiosi di ricerche di astronomia, incontriamo il professor Marcello Fulchignoni, grande astrofisico italiano e sua moglie, Maria Antonietta Barucci, prestigiosa esperta di asteroidi del sistema solare.

Nella fabbrica delle missioni spaziali
25 Maggio 2009

di Roberto Allegri
Foto di Nicola Allegri

 fratelli Nicola e Roberto Allegri, in una immagine scherzosa.  
Come giornalisti, lavorano spesso insieme ed hanno realizzato reportage di grande prestigio, pubblicati su riviste italiane ed europee

 

Il professor Marcello Fulchignoni, con alle spalle l’Osservatorio Astronomico di Meudon, che si trova alle porte di Parigi ed è uno dei più importanti del mondo.

 
 

 

l professor Fulchignoni accanto a un telescopio dell’Osservatorio Astronomico di Parigi. Dopo una brillante carriera di docente universitario a “La Sapienza” di Roma e di ricercatore presso il CNR in Italia, dal 1993 Fulchignoni è professore di astrofisica e di astronomia all’università Paris Diderot-Parigi7.


 
 
 
 
 
         

Il professor Marcello Fulchignoni con la moglie, Maria Antonietta Barucci, esperta di asteroidi del sistema solare. Il professore e sua moglie hanno partecipato alla organizzazione tecnica e scientifica di diverse missioni spaziali. Tra esse, “Mariner 9” , “Viking 1”, “Viking 2”, “Mariner 10”, “Cassini”, . “Rosetta”.

 

Due immagini che mostrano il photoreporter Nicola Allegri all’interno della “camera bianca”, uno speciale laboratorio sterile dell’Osservatorio Astronomico parigino dove si può entrare solo indossando una particolare tuta bianca e dove vengono testati gli strumenti destinati allo spazio. Con Allegri, il professor Fulchignoni

 

Il professor Fulchignoni mostra un grosso volume dal titolo “The Solar system beyond Neptum” pubblicato da University Of Arizona Press e curato dalla professoressa Maria Antonietta Barucci. Tratta del sistema solare e dei corpi celesti oltre l’orbita di Nettuno e ad esso hanno collaborato un centinaio di scienziati tra cui il professor Fulchignoni.

       

Parigi ci accoglie con una pioggia sottile e un cielo scuro. Ma è egualmente una “signora affascinante” che ogni volta lascia senza fiato per l’emozione, non importa quale vestito abbia scelto per l’occasione.
Siamo qui per incontrare il professor Marcello Fulchignoni, grande astrofisico italiano che da molti anni lavora all’Osservatorio Astronomico di Meudon, alle porte di Parigi, uno dei più importanti centri di studi astronomici del mondo.
Lo faremo domani. Oggi vogliamo “leggere” la città coi passi, camminare tra le vie e sui ponti, respirare l’atmosfera unica che solo qui, in questa metropoli tanto particolare, si avverte. Come se poesia, note, colori e luce si fossero addensati in una patina polverosa che cola dai palazzi, dalle pietre, che sale dalle vie, le stesse dove i nomi che hanno costruito le emozioni del mio crescere hanno vissuto: Hemingway, Somerset Maugham, Victor Hugo, Modigliani, Brancusi, Apollinaire e un esercito di tanti altri artisti immortali.
Non abbiamo molto tempo e così non indossiamo i panni dei turisti e non prendiamo d’assalto i musei. Semplicemente camminiamo in mezzo alla gente: Saint-Germain-des-Prés, il Quartiere Latino, Boulevard Saint-Michel, il lungo Senna, l’Ile de la Cité, la cattedrale di Notre Dame. La sera, stanchi per i chilometri percorsi e infreddoliti per la pioggia presa, ci rifugiamo da Léon de Bruxelles dove per poco più di dieci euro si può avere una grande pentola di cozze alla provenzale fumanti e patatine fritte a volontà. La birra belga completa con allegria il piacevole quadretto.

Il giorno dopo viaggiamo sulla metropolitana fino a Meudon. Poi a piedi, ci arrampichiamo sulla collina di questo piccolo borgo dove abitò Céline e dove aveva la sua dimora di campagna lo scultore Auguste Rodin.
L’Osservatorio si trova sul punto più alto, all’interno del parco e della villa che Luigi Giuseppe, Delfino di Francia, figlio di Luigi XVI, si fece costruire ad imitazione della reggia di Versailles.
Il professor Fulchignoni ci viene incontro all’entrata, elegante come un parigino ma con il sorriso spontaneo e contagioso tipico degli italiani della capitale.
Dopo una brillante carriera di docente universitario a “La Sapienza” di Roma e ricercatore presso il CNR in Italia, dal 1993 Fulchignoni è professore di astrofisica e di astronomia all’università Paris Diderot - Parigi7. E qui all’Osservatorio di Meudon, è membro di un laboratorio denominato “LESIA” cioè “Laboratoire d’Etudes Spatiales et d’Instrumentation en Astrophysique” (Laboratorio di Studi Spaziali e di strumentazione di astrofisica) dove si progettano e si realizzano sonde e strumenti di ricerca usati poi nelle missioni spaziali e sui più grandi telescopi al suolo. Accanto a lui lavora anche la moglie, Maria Antonietta Barucci, prestigiosa esperta di asteroidi del sistema solare.
<<Siamo tra i candidati per una eccezionale missione in cooperazione coi giapponesi>>, racconta il professore mentre ci accompagna in macchina all’interno dell’Osservatorio che assomiglia ad una piccola cittadella. <<La missione si chiamerà “Marco Polo” e partirà nel 2015. Una sonda avvicinerà un piccolo asteroide nello spazio, vi attraccherà sopra e preleverà dati che invierà a Terra. Gli asteroidi sono importantissimi per lo studio dell’universo. Sono infatti molto antichi e rappresentano i “mattoni” con i quali sono stati “costruiti” i pianeti>>.
Sono diverse e tutte prestigiose le missioni spaziali alle quali ha partecipato il gruppo di ricerca del professor Fulchignoni. Basti pensare a “Mariner 9” oppure a “Viking 1” e “Viking 2” verso Marte, a “Mariner 10” verso Mercurio, alla missione “Cassini” verso il pianeta Saturno e la sua luna più grande, Titano. E alla celebre missione “Rosetta” dove la sonda, partita dalla Terra nel 2004, ha sorvolato Marte e poi il piccolo asteroide Steins nel 2008. Nei prossimi anni, la sonda, dopo aver sorvolato il grande asteroide Lutetia nel 2010, avvicinerà una cometa nel 2014 e l’accompagnerà per un anno nel suo viaggio attorno al Sole per studiarne l’evoluzione e per poi far discendere alla sua superficie il piccolo laboratorio robotico “Philae” che misurerà le proprietà del suo nucleo. <<E tutto deve essere progettato nelle dimensioni più piccole possibili>>, dice ancora il professore. <<E’ una sfida costante. Gli strumenti devono essere piccoli e leggeri perché mandare materiale nello spazio è molto costoso. All’incirca un milione di euro per ogni chilo.>>
Restiamo affascinati e ascoltiamo con occhi sgranati i racconti del professore. Ci porta da un padiglione all’altro dell’Osservatorio, mostrandoci telescopi, laboratori dove vengono assemblati gli strumenti che poi partiranno per lo spazio, in un intrico di cavi e schermi di computer e scaffali con attrezzi simili a quelli che si possono trovare in una ferramenta. <<E’ come un bricolage, un po’ più sofisticato>>, scherza il professore.
Visitiamo le sale del “Centre International Des Ateliers Scientifiques” di cui Fulchingoni è direttore e che organizza convegni con partecipanti da ogni parte del mondo. E persino la “camera bianca”, uno speciale laboratorio dove si può entrare solo indossando una particolare tuta bianca e dove vengono testati gli strumenti destinati allo spazio. In questa delicata fase il nemico numero uno è la polvere e nella “camera bianca” c’è perciò un sofisticato sistema di aspirazione. Ma chiunque vi accede deve essere coperto da indumenti sterili in modo da non lasciare particelle inquinanti.
<<Questa di Meudon è solo una parte dell’Osservatorio di Parigi che comprende una sede in città e una a Nançay dove c’è un radiotelescopio>>, spiega Fulchignoni. <<Però possiamo dire che qui c’è il fulcro del pensiero astronomico. Ci sono sei laboratori di ricerca, di studio e osservazione su tutte le discipline dell’astronomia. Nell’Osservatorio di Meudon abbiamo più di ottocento dipendenti e praticamente questo è il più grosso centro di astronomia del mondo. Dipende direttamente dal Ministero della Pubblica Istruzione francese ed è come una grande università nella quale però si fa anche moltissima ricerca.
<<La parte principale dell’Osservatorio ha l’aspetto di un castello. E proprio di questo si tratta. Nel Settecento questi edifici erano la dimora di Luigi Giuseppe, Delfino di Francia, figlio di Luigi XVI. Vennero quasi completamente distrutti con la Rivoluzione e poi adattati a diventare un centro per lo studio dell’astronomia. Il futuro e il passato vivono in armonia su questo suolo.>>
Stando accanto al professore, molte domande ci vengono alle labbra perché anche noi, come tutti del resto, subiamo l’incanto che il cosmo e le stelle esercitano da sempre. Nel corso di questo 2009 poi, i sogni di chi vorrebbe volare oltre l’atmosfera verranno se non proprio esauditi, almeno arricchiti di nozioni e prospettive. L’UNESCO ha infatti dichiarato il 2009 “Anno Internazionale dell’Astronomia”. E per questo motivo si stanno organizzando eventi e manifestazioni in tutto il mondo. Basta visitare il sito www.astronomy2009.org per rendersi conto di come dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Europa all’India ci siano iniziative di ogni tipo.
<<Tutta la nostra strumentazione pare avveniristica, è in parte lo è>>, dice il professor Fulchignoni. <<Ma la realtà è che invece usiamo sempre una tecnologia vecchia: è il paradosso delle missioni spaziali. Per progettare una missione, per realizzare gli strumenti che devono poi viaggiare nello spazio e soprattutto per testarli ci vogliono anche diversi anni. E durante questo tempo la tecnologia può cambiare, migliorare anche. Ma una volta che si è dato il via ad una missione non si può tornare indietro. Per cui gli strumenti, ad esempio le sonde spaziali, partono sempre con una tecnologia vecchia anche di dieci anni. Purtroppo non si può fare diversamente.
<<Anche agli astronomi però viene fame. Venite con me>>, dice Fulchignoni sorridendo. E ci fa strada verso una grande sala circondata da vetrate che danno sul parco. Un immenso refettorio dove ricercatori, docenti e studenti pranzano insieme scambiandosi battute, commenti e idee. Oggi anche noi facciamo parte di questa “fucina di cervelli” e ci sentiamo onorati.
<<Avete ragione, l’astronomia è una scienza che affascina a fa sognare>>, dice Fulchignoni. <<Cerca di rispondere alle domande che ci assillano fin dal tempo in cui il primo uomo guardò in alto, domande che hanno a che vedere con la curiosità di capire i meccanismi celesti e di comprendere quale è il nostro ruolo nell’universo. Il cielo è sempre stato considerato dall’uomo un amico, un compagno. Una guida nei suoi viaggi. Le stelle hanno sempre fatto sentire il genere umano meno solo.
<<Un tempo, il cielo teneva compagnia ai nostri antenati. Immaginate una notte buia senza alcuna luce, in una Terra abitata da leoni, tigri e orsi. Il chiarore della Luna e quello delle stelle permettevano di vedere, di muoversi, anche di salvarsi la vita. E’ facile capire allora come diventasse spontaneo credere che gli astri fossero delle divinità. In tutte le culture si nota, nel corso della loro storia, il tentativo di inserire delle figure nelle costellazioni. Era un modo per appropriarsi delle stelle mettendo tra di loro il quotidiano, le paure, i sogni e i desideri. E quando poi gli studiosi hanno iniziato a comprendere alcuni meccanismi celesti, ecco che la conoscenza è diventata potere. I meccanismi ciclici potevano essere previsti e queste previsioni potevano essere vendute. Chi era in grado di “leggere” il cielo acquistava prestigio, credito, potere sulla massa. All’inizio l’astrologia e l’astronomia sono sempre andate a braccetto. Fino alle famose tavolette ritrovate nella capitale assira di Ninive e risalenti al 750 avanti Cristo in cui sono riportate osservazioni del cielo e non previsioni. Quella fu la nascita della vera astronomia.
<<Uno degli argomenti più affascinanti, nell’ambito dello studio dello spazio, è quello che riguarda gli extraterrestri. Affascina molto anche me. Ma in ogni caso, l’ipotesi di forme di vita in altri luoghi oltre la terra è ormai accettata dalla scienza. Non esiste alcun motivo per dubitarne. Io dico spesso che la vita è un fenomeno di campagna e non di città. In campagna la vita è dispersa, le case sono sparse nel territorio mentre in città si è tutti uno addosso all’altro. La vita extraterrestre sicuramente esiste ma va cercata “in campagna”, cioè più in là, oltre la “città” che ormai conosciamo bene. Ovviamente non abbiamo dati in nostro possesso per pensare che una vita aliena possa essere uguale alla nostra. Ma gli elementi che danno la vita devono necessariamente essere quelli che hanno dato luogo al DNA. Tutte le forme di vita che conosciamo si basano sul DNA e sono davvero infinite. Qui sulla Terra c’è l’ambiente ideale per avere il DNA. Ma nessuno può dire che non sia lo stesso in un altro posto.>>

Roberto Allegri