Durante
l’estate scorsa, a Hierapolis, in Frigia, è stata trovata la tomba di San
Filippo apostolo. Una straordinaria scoperta archeologica, che ha interessato ed
entusiasmato gli studiosi di tutto il mondo. Ed è una scoperta italiana in
quanto, fin dal 1957, su concessione del Ministero della cultura della Turchia,
in quella zona opera una “missione archeologica” italiana. Ora, gli archeologi
italiani sono di nuovo al lavoro in quel luogo e si attendono nuovi interessanti
scoperte. <<Il valore di questo ritrovamento è indubbiamente
di altissimo livello>>, dice il professor Francesco D’Andria, direttore della
missione archeologica che ha compiuto la scoperta. <<Non solo per quanto
riguarda la tomba dell’apostolo ma soprattutto perché intorno a quella tomba
abbiamo individuato un nuovo grande complesso archeologico che si estende per
l’intera collina orientale di Hierapolis. Ora le nostre ricerche si orienteranno
ad approfondire ciò che abbiamo già individuato>>.
Pugliese,
classe 1943, laureato all’Università Cattolica di Milano in Lettere classiche e
specializzatosi poi in Archeologia, il professor D’Andria è docente di
archeologia all’Università del Salento-Lecce e direttore della “Scuola di
Specializzazione in Archeologia” presente nell’ambito di quella Università.
<<Il complesso che l’estate scorsa abbiamo individuato è straordinario.
Comprende due chiese, una grande strada processionale, gradinate in travertino,
cortiletti, cappellette, fontane, una serie di vasche termali per la
purificazione, alloggi per i pellegrini. Tutto questo dimostra come San Filippo,
a Hierapolis, nei primi secoli della storia cristiana, godeva di una grandissima
popolarità e il culto a lui attribuito era massimo. >>. Da
oltre trent’anni, il professor D’Andria lavora a Hierapolis, alla ricerca della
tomba dell’apostolo, e dal 2000 è direttore di quella missione scientifica. Al
professore D’Andria abbiamo chiesto di parlarci di San Filippo e della
eccezionale scoperta che con la sue equipe di ricercatori ha portato alla luce.
<<Notizie storiche su San Filippo ce ne sono poche>>, dice il professor
Francesco D’Andria. <<Dai Vangeli si ricava che era originario di Betsaida, sul
Lago di Genezaret. Apparteneva quindi a una famiglia di pescatori. Giovanni è
l’unico dei quattro evangelisti che lo cita diverse volte. Al capitolo primo del
suo Vangelo, racconta come Filippo sia entrato nel gruppo degli apostoli fin
dall’inizio della vita pubblica di Gesù, chiamato direttamente dal Maestro. In
ordine di chiamata, Filippo occupa il quinto posto dopo Giacomo, Giovanni,
Andrea e Pietro. Al capitolo sesto, quando narra il miracolo della
moltiplicazione dei pani,
Giovanni
riferisce che, prima di compiere il prodigio, Gesù si rivolge a Filippo
chiedendogli come si potesse dar da mangiare a tutta quella gente e Filippo gli
rispose che 200 denari non sarebbero stati sufficienti neppure per dare a
ciascuno un pezzo di pane. E al capitolo 12, sempre Giovanni riferisce che dopo
l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, alcuni greci volevano parlare con il
Maestro e si rivolsero a Filippo. E durante l’ultima cena, quando Gesù parla del
Padre (“Se conoscete me, conoscerete anche il Padre”), Filippo gli dice:
“Signore, mostraci il Padre e ci basta”.. Dagli “Atti degli Apostoli” sappiamo
che Filippo era presente con gli altri al momento dell’Ascensione di Gesù al
cielo e il giorno di Pentecoste quando si verificò la discesa dello Spirito
Santo. Le informazioni scritte si fermano a quel giorno. Tutto il resto proviene
dalla tradizione>>. E che cosa dice la tradizione?
<<Dopo
la morte di Gesù, gli apostoli si dispersero in giro per il mondo per diffondere
il Messaggio evangelico. E secondo la tradizione e antichi documenti scritti dei
Santi Padri, Filippo svolse la sua missione in Scizia, nella Lidia, e, negli
ultimi anni della sua vita, a Hierapolis, in Frigia. Policrate, che verso la
fine del secondo secolo era vescovo di Efeso, in una lettera scritta a Papa
Vittore I, ricorda i personaggi importanti della propria Chiesa, tra cui gli
apostoli Filippo e Giovanni. Di Filippo dice: “Fu uno dei dodici apostoli e morì
a Hierapolis, come due delle sue figlie che invecchiarono nella virginità….
Altra sua figlia… fu sepolta in Efeso”.
<<Tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che queste informazioni di
Policrate siano assolutamente attendibili. La Lettera, che risale a circa il 190
dopo Cristo, cento anni dopo la morte di Filippo, è un documento fondamentale
per i rapporti tra la Chiesa Latina e la Chiesa Greca. Riguarda la disputa sulla
data della celebrazione della Pasqua. E in quella lettera, Policrate, che era il
patriarca della Chiesa Greca,. rivendica la nobiltà delle origini della Chiesa
nell’Asia affermando che, come a Roma ci sono i trofei (i resti mortali) di
Pietro e Paolo, nell’Asia ci sono le tombe degli apostoli Filippo e Giovanni.
Inoltre, da quella lettera veniamo a sapere che Filippo trascorse gli ultimi
anni della sua vita a Hierapolis, con due delle sue tre figlie, che certamente
lo aiutavano nella sua opera di evangelizzatore. Eusebio da Cesarea, nella sua
“Storia Ecclesiastica”, riferisce che Papia, che fu vescovo di Hierapolis
all’inizio del terzo secolo, conobbe le figlie di Filippo e da esse apprese
particolari importanti riguardanti la vita dell’apostolo, tra i quali anche il
racconto di un miracolo strepitoso: la risurrezione di un morto>>.
Si sa come e quando l’apostolo Filippo morì?
<<La
maggior parte degli antichi documenti affermano che Filippo morì a Hierapolis,
nell’anno 80 dopo Cristo, quando aveva circa 85 anni. Morì martire per la sua
fede, crocifisso a testa in giù come San Pietro. Venne quindi sepolto a
Hierapolis. Nell’antica necropoli di quella città fu trovata una iscrizione che
accenna a una chiesa dedicata a San Filippo. In una data non precisata, il corpo
di Filippo venne portato a Costantinopoli per sottrarlo al pericolo di
profanazione da parte dei barbari. E nel sesto secolo, sotto Papa Pelagio I,
trasferito a Roma e sepolto, insieme all’apostolo Giacomo, in una chiesa
appositamente edificata per loro. La Chiesa, che si chiamava “Dei santi Giacomo
e Filippo”, di stile bizantino, nel 1500 venne trasformata in una magnifica
chiesa rinascimentale che è quella attuale che si chiama “Dei santi apostoli>>.
Quando sono iniziate le ricerche dalla tomba di Filippo a
Hierapolis?
<<Nel 1957, per merito del professor Paolo Verzone, che era docente di
ingegneria al Politecnico di Torino e grande appassionato di ricerche
archeologiche. Tra le Repubbliche italiana e turca venne allora stipulato un
accordo che permetteva a una nostra equipe di archeologi di fare delle ricerche
a Hierapolis. E il professor Verzone è stato il primo direttore di quella
missione. Cominciò subito naturalmente a cercare la tomba dell’apostolo Filippo.
Concentrò gli scavi in un monumento che era già in parte visibile e conosciuto
come la chiesa di San Filippo, e portò alla luce una straordinaria chiesa
ottagonale. Un autentico capolavoro della architettura bizantina del Quinto
secolo, con archi meravigliosi in travertino.
Questa
chiesa era inglobata in un ampio quadrato, sul quale sorgevano le stanze che
ospitavano i pellegrini e dove c’erano anche dei cortiletti triangolari, delle
cappellette a sette lati. Tutto era giocato su una particolare simbologia dei
numeri: il numero otto che, secondo Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, è il simbolo
dell’eternità; il numero quattro, che richiama i quattro evangelisti; il tre,
che è simbolo della Trinità e il sette, tipico numero di valenza simbolica
ebraico-cristiana. Tutto questo insieme di costruzioni , eseguite con tanta cura
e ricercatezza, faceva pensare che quella era una grande chiesa di
pellegrinaggio, un santuario molto importante, e il professor Verzone lo aveva
identificato come il “Martyrion”, cioè la chiesa martiriale di San Filippo e
quindi pensava che fosse stata costruita sulla tomba del santo. Fece perciò
eseguire vari scavi nella zona dell’altare maggiore, ma non trovò mai niente che
facesse pensare alla tomba.
<<Io stesso pensavo che la tomba si trovasse nella zona di quella chiesa, ma nel
2000, quando diventai direttore della missione archeologica italiana di
Hierapolis, cambiai opinione>>. Perché?
<<Tutti
gli scavi compiuti in tanti anni non avevano dato alcun risultato. Feci ancora
delle indagini anche attraverso delle “prospezioni” geofisiche, cioè delle
particolari esplorazioni del sottosuolo, e non ottenendo niente mi convinsi che
bisognava cercare altrove. Sempre nella zona, ma in altra direzione>>.
E dove diresse le sue ricerche?
<<I miei collaboratori ed io abbiamo studiato attentamente una serie di foto
satellitari della zona, e le ricognizioni di un gruppo di bravi topografi del
CNR-IBAM diretti da Giuseppe Scardozzi, e abbiamo capito che il Martyrion, la
chiesa ottagonale, era il “centro” di un complesso devozionale ampio e
articolato. Abbiamo identificato una grande strada processionale che portava i
pellegrini dalla città fino alla chiesa ottagonale, cioè il Martyrion in cima
alla collina; i resti di un ponte che permetteva ai pellegrini di oltrepassare
una valle dove scorreva un torrente; abbiamo visto che ai piedi della collina
partiva una “gradonata” in travertino, cioè una scalinata costituita da ampi
scalini in pendenza, che portava alla sommità. All’inizio della “gradonata”,
abbiamo identificato un altro edificio ottagonale, che non si vedeva in
superficie, ma solo delle foto satellitari. Abbiamo scavato intorno a
quell’edificio e ci siamo resi conto che era un complesso termale: i pellegrini
che arrivavano a Hierapolis per rendere omaggio al corpo di San Filippo, prima
di raggiungere il “Martyrion” sulla collina, dovevano purificarsi. Anche per
ragioni igieniche perché i viaggi che affrontavano erano massacranti.
<<Questa
è stata una scoperta illuminante che ci ha fatto capire che l’intera collina era
adibita a un percorso di pellegrinaggio con varie tappe. Continuando i nostri
scavi, abbiamo trovato un’altra scalinata che arrivava direttamente al Martyrion,
e sullo spiazzo, accanto al Martyrion, c’era una fontana dove i pellegrini
facevano altre abluzioni con l’acqua, e lì vicino, un piccolo pianoro, proprio
di fronte al Martyrion, dove si vedevano delle tracce di edifici. Il professor
Verzone non aveva osato affrontare uno scavo in quella zona perché era un’immane
cumulo di pietre. Nel 2010 abbiamo iniziato a fare un po’ di pulizia e sono
venuti alla luce elementi di estrema importanza>>.
Tipo?
<<Un architrave di marmo di un ciborio con un monogramma sul quale si leggeva
il nome di Teodosio. Io ho pensato che fosse il nome dell’imperatore e quindi
quell’architrave permetteva la datazione della chiesa martiriale tra il IV e il
V secolo. Poi, piano piano abbiamo trovato tracce di un’abside. Scavando e
pulendo, è venuta alla luce la pianta di una grande chiesa. Mentre il Martyrion
era a pianta ottagonale, questa era a pianta basilicale, con tre navate. Chiesa
stupenda, con capitelli in marmo, raffinate decorazioni, croci, transenne
traforate, fregi, tralci vegetali, palme stilizzate all’interno di nicchie e un
pavimento centrale realizzato a intarsi marmorei con motivi geometrici a colori:
tutto riferibile al quinto secolo, cioè l’età dell’altra chiesa, il Martyrion.
Però, al centro di questa meravigliosa costruzione che ci entusiasmava e ci
commuoveva, c’era un qualche cosa di sconcertante che ci teneva con il fiato
sospeso>>. Ed era?
<<Una
tipica tomba romana risalente al primo secolo dopo Cristo. La sua presenza
poteva, in un certo senso, essere giustificata dal fatto che in quella zona,
prima che i cristiani costruissero il santuario protobizantino, vi era una
necropoli romana. Ma esaminando bene la sua posizione, abbiamo constatato che
quella tomba romana si trovava al centro della chiesa. Quindi, la chiesa, nel V
secolo, era stata costruita proprio “intorno” a quella tomba romana pagana, per
proteggerla, perché quella tomba era evidentemente importantissima. E abbiamo
subito pensato che forse quella poteva essere la tomba dove era stato messo il
corpo di San Filippo dopo la morte>>. E avete trovato
conferme a questa supposizione?
<<Certamente. Nell’estate del 2011 abbiamo affrontato uno scavo in estensione
nella zona di quella chiesa con il coordinamento di Piera Caggia, ricercatrice
archeologa dell’IBAM-CNR, e sono emersi elementi straordinari che hanno
pienamente confermato le nostre supposizioni. La tomba era inglobata in una
struttura sulla quale vi è una piattaforma raggiungibile attraverso una scala di
marmo. I pellegrini, entrando dal nartece, il vestibolo esterno alla chiesa,
salivano nella parte superiore della tomba, dove vi era un luogo per la
preghiera e scendevano dal lato opposto. E abbiamo visto che le superfici
marmoree dei gradini di quelle scale marmoree sono completamente consunti dal
passaggio di migliaia e migliaia di persone. Quindi, la tomba riceveva un
tributo straordinario di venerazione.
<<Sulla facciata della tomba, intorno all’entrata, si vedono dei fori di chiodi
che certamente servivano per sostenere una chiusura metallica applicata.
Inoltre, vi sono degli incassi ricavati sul pavimento che fanno pensare a una
ulteriore porta in legno: tutti accorgimenti che indicano come in quella tomba
vi era un tesoro inestimabile, cioè il corpo dell’apostolo.
E sulla facciata, sui muri ci sono numerosi graffiti con croci che hanno in
qualche modo sacralizzato la tomba pagana.
<<Scavando accanto alla tomba, abbiamo trovato delle vasche d’acqua per
immersione individuali, che certamente servivano per le guarigioni. I pellegrini
ammalati, dopo aver venerato la tomba, venivano immersi in quelle vasche,
proprio come si fa a Lourdes..
<<Ma la conferma principale, direi matematica, che attesta senza ombra di dubbi
che quella costruzione è veramente la tomba di San Filippo, viene da un piccolo
oggetto che si trova in un museo di Richmond negli Stati Uniti. Un oggetto sul
quale ci sono delle immagini che prima d’ora non si riusciva a decifrare
pienamente, mentre ora hanno un significato solare>>.
Di che oggetto si tratta?
<<E’
un sigillo in bronzo di circa dieci centimetri di diametro, che serviva per
autenticare il “pane di San Filippo” da distribuire ai pellegrini. Sono state
trovate delle icone che rappresentano San Filippo con in mano un grosso pane.
C’era anche allora il pane di San Filippo, come oggi c’è ancora il pane di
Sant’Antonio. E quel pane, per distinguerlo dal pane comune, veniva marchiato
con un sigillo in modo che i pellegrini sapessero che si trattava di un pane
speciale, da conservare con devozione.
<<Come ho detto, su quel sigillo ci sono delle immagini. Vi è la figura di un
santo con il mantello del pellegrino e una inscrizione che dice “San Filippo”.
Sul bordo, scorre il “trisaghion” in greco: antica frase di lode a Dio: “Agios o
Theos, agios ischyros, agios athanatos, eleison imas” (Santo Dio, Santo forte,
Santo immortale, abbi pietà di noi). Tutti gli specialisti di storia bizantina
che conoscono quel sigillo hanno sempre detto che proveniva da Hierapolis. Ma la
cosa più straordinaria, sta nel fatto che la figura del santo è rappresentata
tra due edifici: quello alla sinistra, è coperto da una cupola, e si capisce che
rappresenta il “Martyrion” ottagonale; quello alla destra del santo, ha un tetto
a due spioventi come il tetto della chiesa a tre navate che ora noi abbiamo
scoperto. Tutti e due gli edifici sono alla sommità di una scalinata. Sembra
proprio che si tratti di una “fotografia” del complesso esistente allora intorno
alla tomba di San Filippo. Una fotografia scattata nel secolo VI. Inoltre, la
chiesa con il tetto spiovente, nell’immagine del sigillo ha un elemento
emblematico: una lampada appesa all’ingresso, tipico segno che serviva a
indicare il sepolcro di un santo. Quindi, già in quel sigillo si indica che la
tomba si trovava nella chiesa basilicale e non nel Martyrion”>>.
Tutte queste scoperte voi le avete fatte la scorsa estate?
<<Le abbiamo fatte tra il 2010 e il 2011. Soprattutto il 2011 è stato l’anno
delle più grandi emozioni per noi: abbiamo scoperto la
seconda chiesa e la tomba di Filippo. Abbiamo cioè concluso un lavoro iniziato
55 anni fa. La notizia ha fatto il giro del mondo. Ed ha richiamato a Hierapolis
studiosi e curiosi. Tra gli altri, alla fine dell’agosto scorso, cioè subito
dopo che era stata data in modo ufficiale la notizia della scoperta, sono
arrivati cento cinesi, numerosi coreani e giornalisti di varie nazionalità.
<<Il 24 novembre scorso, io ho avuto l’onore di presentare la scoperta presso la
Pontificia accademia archeologica di Roma davanti a studiosi e rappresentanti
del Vaticano. Anche il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, primate della
Chiesa ortodossa, ha voluto ricevermi per avere i dettagli della scoperta, e il
14 novembre, festa di san Filippo per la Chiesa Ortodossa, ha voluto celebrare
la Messa proprio sulla tomba ritrovata a Hierapolis. Ed io ero presente,
emozionato come non mi era mai capitato, anche perché i canti della liturgia
greca risuonavano dopo più di mille anni tra le rovine della chiesa>>.
Ed ora?
<<Ora riprendiamo le ricerche e attendiamo che nei prossimi mesi estivi il
sito archeologico ci regali molte altre sorprese>>.
Renzo Allegri |